Pègaso - anno IV - n. 3 - marzo 1932

L'arte del Polizia.no ' 3ll la giostra:Ma Poliziano, veramente, non ci ha lasciato nessun esem– pio di descrizione drammatica, da farci rimpiangere il mancato compimento del poema; a meno che non si voglia considerare l'ot– tava seguente come una prova di forza : Quali i soldati che di fuor s'attendono,' Quando senza sospetto et arme giacciono, ·Per suon di tromba al guerreggiar s'accendono, Vestonsi le corazze e gli elmi allacciono, El giù dal fianco le spade sospendono, Grappon le lancie e'.forti: scudi imbraccionò: El cosi divisati i destrier pungono Tanto ch'alla nimica schiera giungono. Ohi sa poi perché; :i;natutte le volte che il Poliziano tenta descri– zioni di tale impeg:no) anche gli sdruccioli gli danno la baia. Vor– rebbe imporre al ritmo più moto, e quelle rime s'impunta~o, re– calcitra.no. Le stanze di tutti versi sdruccioli furono consàcrate dai poeti burleschi e realistici al pittoresco e al riso, e se ne servì, l'ab– b_iam visto, il Poliziano stesso: e mentre sì l'aizano, Oasca nel collo, e i satiri lo rizano. Ma qui vorrebbe rompere la regola, e cade nello studiato e n'el freddo. Solo per questo cozza.re contro le leggi della retorica? 'No, ma perché in realtà egli va contro la sua stessa natura, e gli falli– scono perciò le rime, la lingua, lo stile, la misura. L'unità, allora, della sua arte aristocratica,, popolaresca, semplice si sfascia; e .si ha, di tempo in tempo, il grandeggiante, il rozzo, il complicato; si ha, perfino, l'incoerente uso dei mezzi espressivi. L'Orfeo fu la fiera di questi·varii stili e, miracolo dei miracoli, prova super– bissima di stile aristocratico, popolaresco, semplice, senza dege– nerazioni. L'affanno dei critici nel cercar <li definire il carattere 'di questa opera fu grande, dal De Sanctis ai nostri contemporanei. :È un mi– stero, una rappresentazione, una favola pastorale, una tragedia, un melodramma, un divertimento ? Poliziano, da sé, là disse se~– plicemente una favola, cioè una rappresentazione. E se si pensa al fatto, fissate in embrione e come in un abbozzo, al suo svolgi– ment'b schematico, pur con i frequenti ritorni, alle sue parti liriche preponderanti, lirico-narrative, io direi che s'acéosta al genere del melodramma,. Non è vero poi che vi manca il dialogo, e che non vi •sono le arie, le arie e le strofe. Vi sono pur queste, nei due momenti grandi, - quando Orfeo parla a Euridice fuggente, e quando Euri– dice piange d'essere per sempre rapita a Orfeo, - e vi è pure un di– tirambo finale "con una sQa difficile tessitura corale._ Quella soste- BibliotecaGino Bianco

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