Pègaso - anno IV - n. 3 - marzo 1932
L'arte del Poliziano 309 freno, dell'arte; perché per Poliziano condensare per immagini non è già uccidere la vita, ma ricrearla, direi tI solo modo di sentirla . .Così è che leggendo le Stanze verrebbe voglia, naturalmente di rifa.re i gesti, i moti, anche quelli che più vengono dall'inte;no. Come quando ascolti musica: perché la musica non è, propriamente, che moto, senso del moto dell'anima. Dov'è Polifemo che si lamenta? Anche lut di sulla porta della Reggia di Venere, scolpito : • .... guata il mar ch'ondeggia, e alpestre note Par canti, e mova le lanose gote, E dica oh'ell'è bianca più che il latte ec. Non si può arrivare a quell'e di-ca, senz'avvertire, dall'effetto che produce in noi, uno scuotersi, proprio un abbandonarsi di tutta la persona all'onda della commozione. Pensate poi alla corporatura di Polifemo : Dall'una all'altra orecchia un arco face n ciglio irsuto lungo ben sei spanne : Largo sotto la fronte il naso giace : Paion di schiuma biancheggiar le zanne : Tra' piedi ha il cane; e sotto il braccio tace Una zampogna ben di cento canne ec.; e pensate a quell'arcadico terminar del canto, e intenerirsi, come in un rispetto : E che ha gran voglia di saper notare Per andare a trovarla in fin del mare: vi parrà vera.mente che si muovano i monti! E il grottesco sarà certo di là dalla intenzione del poeta; ma c'è senza dubbio la favola pastorale con i travestimenti degli dèi, c'è anche un trasferirsi più all'esterno, un gusto delle apparenze, un più di peso e, direi, di dimostrazione di forze, una contentezza dei propri mezzi. Non si esagera a affermare che quella sospensione su e dica parli assai più delle parole facili che l'accompagnano. La facilità, ecco il solo peccato delle Stanze, dli, quelle parti cioè di esse dove il connettivo armonico particolare all'arte del Poli– ziano si scioglie e si scompagina. Non diremo nulla delle strofe encomiastiche poste .come apertura del poema. Ma i difetti reali, si, li noteremo, anche se solo di ,sfuggita: certe cadenze scoperte, le riflessioni morali, una troppo gracile qualità di narratore. L'oc– chio corre sulle pagine, e quasi non ma bisogno di fermarsi : guarda e corre via, proprio come fanno i versi, che perdono ogni singola– rità, non hanno più il loro forte richiamo, non legano. Hanno il vantaggio sempre d'una certa freschezza, e un gusto che viene dalla "blioteca-Gino Bianco
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