Pègaso - anno IV - n. 3 - marzo 1932

302 G. De Robertis Non si dirà che io ricordi a caso, e questi non sono certo versi casuali. Risultano da una secrezione di potenza espressiva, da una consumata e casta virtù interpretativa. Quell'abeto voi lo vedete levarsi diritto, e sentite dentro-la sua vita; quell'acqua corre dav– vero e parla ai sensi diversi. Di sillaba in sillaba è un guadagnar l'emozione e fermarla, e gli aggettivi sono il segno dell'acquisto. Gli aggettivi, parchi in Dante, melodiosi nel Petrarca, e che comin– ,ceranno a esser troppi nel Tasso o, nel mig-liore dei casi, una deli– cata lussurie in obbedienza alla musica., qui hanno ognuno un va– lore indipendente, e graduano le impressioni, le graduano e ne fanno una cosa sola. Non sono tirati da un lusso ornamentale, o castigati nel periodo ; ma collocati sulla pagina da una dura neces– sità, anzi da una necessità di povertà. È una natura questa che con– tenta l'occhio, sì, ma lo contenta in tutto, e gli f~ veder profondo, tra fibra e fibra, :fin quasi alle ragioni che cadono sotto il dominio d'ella mente. E nonostante, oh come il poeta si dissimula questo impegno! Le f:!tanze non sono che una continua festa, e il lettore vi è come spettatore. Le espressioni che tornano più comunemente sono veder, mirar, si 'vede, pare; e sono i modi semplici, ingenui, che -disobbligano il poeta dal complicar le stro fe, farne un organismo compatto, pesante. Si direbbe che esse non serva.no ad altro che a •Cadenzare le impressioni, finché, in ultimo, _ anche q uell'artificio è sparito, e le impressioni. si presentano da sé. Passano veloci, l'una dopo l'altra, in fuga, quasi inseguite, o fanno insieme un concerto : ,e le Stanze tutte quante fanno un concerto grande. Fu una volta posta la quistione, qual fosse il centro delle Stanze, se Simonetta,, o la Reggia di Venere in· Cipro, o altro. Io d!irei, sùbito, le porte della Reggia: Mille è mille color formon le porte Di gemme e di sì vivi intagli chiare .... Forse perché esse sono, idealmente, il punto intorno a cui gira l'interesse del poema? Non questo. l\fa, segnano il potenziamento della forza espressiva della poesia del Poliziano nel suo particolare carattere, di quel suo realismo rapido o, per dirla con parola mo– derna, sintetico. Se le porte sono tutte vive di figurazioni, rese con una densità e nettezza da far la meraviglia di noi moderni, in tutto il poema la natura, e si può dire che non ci sia altro che natura, è vista e descritta con una prontezza grandissima, ma con altri mez,zi che non sono le sillabe e il ritmo, e il loro fiato. Fiori, piante, animali, lavorati nel verso lavorato come sulla pietra, e scene con le parti ben divise ma che non t'impediscono di abbrac– ciarle tutte in una volta. Anche nell'Orfeo che vedremo esser nato da una prima prova di quei vari elementi che nelle Stanze si fon- BibliotecaGino Bianco

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