Pègaso - anno IV - n. 3 - marzo 1932

380 V. WOOLF, The Waves questi regni ventosi e lunari, queste fantasticherie ~ott~rne, pe~ st~r fermo davanti alle porte di quercia. Compirò nella mia vita, - p1acCJ.a al Oielo che non sia lunga, - qualche gigantesca combinazione, adope~ i-ando le discrepanze così ridicolmente appariscenti in me. A forza d1 sofferenze la ,compirò. Ora busso. Ora entro». Il monologo non è stonato; le frasi son precise e nette, come visioni interne che si ·succedano rapide e staccate al modo d'Un lucidis-simo ,sogno; ma è troppa, per un lettore che non sia tutto intriso d'indulgenza, la stortura simbolica racchiusa nelle ultime linee. Non può esser vero che quella porta del Maestro fosse per Luigi la porta del destino. C'è modo e modo di credere alla p1·opria missione, o soltanto alla bontà e alla dignità del pròprio ufficio. Ma sulla genìa ,degli scrittori svagati, che si gloriano magari di compiere un altro mestiere più robusto, quelli che riconoscono la propria vocazione vincono in semplicità e in _naturalezza. Una forza interna, che si manifesta uguale in ogni periodo, in ogni membro della frase e fa somigliare le linee ai versi d'un poema, una contenuta e equilibrata ispirazione è come il segreto di Virginia Woolf; e quasi a riscontro, la fede nell'intensità vitale degli oggetti e dei sentimenti, nelle possibili comunicazioni, nell'es,pressione che va diritta, ogni cosa inalzando e isolando, come fa la luce. « Voglio periodi che non si flettano ii fa dire in un suo libro a un letterato; e a una pittrice: « Bisogna mantenersi al livello dell'esperienza comune, sentir semplice– mente che questa è una .seggiola, questo un tavolo, eppure nello stesso istante che è un miracolo, che è un'estasi >i. Più sottilmente, nel quai-. dro sempre ben definito e composto delle sue pagine, s'insinua l'ironia,; e nulla toglie alla chiarezza, o addirittura alla- grandi9sità delle propor– -zioni. Cose e persone restano serie e pesanti all'occhio che v,ede; ma l'oc– chio interno, più avvezzo e smaliziato, le giudica; e siccome è mansueto, non le condanna, ma l,e canzona appena e un poco se ne accora. Così la. -coscienza della scrittrice perde la vana pompa della propria esaltazione e si libera dall'allettante magìa delle frasi; non è già un miracolo d'-egoi– smo letterario, ma comprensiva e pudica coscienza umana,. RENÉ PETER, Claude Debussy. - Gallimard, Paris, 1931. Fr. 15. Tramontato definitivamente il debussismo, la figura di Claude De– bussy e la sua opera ci appaiono ogni giorno più chiare e luminose nel cielo dell'arte: pa,ssata la breve bufera, le foglie secche e gli sterpi son stati travoltii ma i tronchi così spogliati sembrano più saldi ed impo– nenti che mai. Lo .spirito di satira e di denigrazione di un Cocteau non ha p_re~a sull'opera, che rimarrà, dell'autore di Pelléas: quanto ai de- 1)~ss1sti ( « les. debus~ystes me tuentii ebbe a dire il Maestro) il tempo ha g1a avuto ragione d1 loro: la moda è decisamente all'antimpressionismo ·e basta_ un solo accordo di nona per far rizzare inveleniti e ,sdegnosi gli apostoli della tonalità e della tradizione mediterranea (con la nota favo!a dell'origine « nordica» di quel che s'usa chiamare impressionismo musicale). Pare anzi che Debussy riprenda ad avere una « buona stam- BibliotecaGino Bianco

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