Pègaso - anno IV - n. 3 - marzo 1932
B. CICOGN.A.NT , Villa Beatrice 371 gior rapidità, uno scrivere più arioso, un discorrere più sciolto avreb– bero resa la figura di Beatrice, e.on le sue vicende, più accettabile. S<: proprio Beatrice non doveva ch e co ntinuamente ripetersi, rea,gire allo stesso modo ·sempre ai fatti che nella vita d'una donna sono pur qualcosa amore e diventar madre, meglio era sospingere il lettore agli ultimi casi e agli ultimi urti; e, sopra tutto, far che egli da sé un .poco intendesse, senza vedersi troppo documentate certe crudeli ragioni. ·Si dice questo con l'animo esitante, perché noi sappiamo quanta efficacia (o pertinacia) di scrittore è in quelle pagine che meno ci persuaidono, ma pur si dice. Quello stesso Cicognani ha, saputo,· nei tre primi capitoli, presentarci Beatrice con verità prepotente, mai anche con una discrezione somma, senza cioè che quella verità diventasse mai verismo, e quella prepotenza, caparbietà. Vi si trovano, si dirà, i vecchi motivi dell'arte sua, quel suo mondo modesto, sempre ,quelle figure medie; ma c' è un più d'alacrità e quasi di festa; e quell'arrivare per mezzo di voci .sussurrate, di giu– dizi dati e persuaisi, a rendere il carattere di Bl;\3,trice, ha un suo fermo valore e un'incognita forza. « Chi vuoi che ti voglia bene ? » le dicono in casa tutti. E il romanzo comincia proprio così, con queste parole, e con questo freddo inter;r-ogativo, « chi vuoi che ti voglia bene?». « Il babbo e la mamma te lo vogliono lo stesso, ma gli altri h> : e la defini– scono, amaramente, « una cosa dì pietra». Di fuori poi, altre voci, ma lo stesso senso: « è alta un braccio e digià tutto orgoglio))' « arida come la pomice))' « albagiosa, è a.lbagiosa ». Questa è arte che, se·nza, aver l'aria di proporselo, dir,ettamente conquista; e i primi capitoli certo conquistarono un po' tutti. A far poi che la figura si movesse, Cico– gnani la irrigidì; s'aippesantirono un poco le ragioni e i mezzi espres– sivi scelti. E si direbbe che il romanzo si scompose tra un più di durezza da una parte, un più di morbidezza dall'altra, una pascoliana morbidezzai. C' è, forse, un errore di c.oerenza nel maitrimonio di Beatrice, nel suo primo passo nella vita. Fredda, « f.elice », come la dicevano le sue compagne, che non pareva « vestita di carne», non nata acl altro che ad avvertire contrarietà e ripugnanze, perché così facilmente cede ai pa– renti che la vogliono sposa ? Per inerzia. E Cicognani aggiunge che era colpa ,della sua natura. Vedremo che Beatrice ha una sua colpa .. «·Ella aveva allontanato sempre, nel pensiero, il giorno che pur sapeva sa-• rebbe venuto, in cui le avr,ebbero messo dinanzi l'uomo designatole a marito: era sicura che quell'uomo sarebbe stato l'opposto della persona per cui la sua carne avrebbe sentito-trasporto e la sua anima affetto: e sapeva che non ci sarebbe stato rimedio; che ella non sarebbe riuscita, a dire di no e che tutti avrebbero al ,solito preso il suo silenzio per acquiescenza». Viene il giorno, le è.messo dinanzi un uomo, « d'oltre quarant'anni, biondo rossiccio, che •sbagliava un occhio, e con dei grossi baffi spioventi. .. : di media statura, e aiveva un panciotto bianco, in tirare, su una trippetta ». Un ritratto visto e reso con l'occhio, proprio, e con l'avversione di Beatrice. Ora acquistano valore quelle parole « era sicura che quell'uomo sa,rebbe stato l'opposto della persona per C?!,i la sua carne avrebbe sentito trasporto e la sua anvma affetto)), E sarà stata un'illusione una-fantasia, un'ombra d'illusione e cli fantasia ri- ' . . . masta in quel suo cuore ad altro nato, ma c'era. Con questa chspos1z10ne ibliotecaGino Bianco
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