Pègaso - anno IV - n. 3 - marzo 1932

368 G. MO'l"-rA, Testimonia temporum pesta. E non solo a Ginevra (ove non è diffici_leudn:e disc?rsi di bei _P:·o– positi e di fausti presagi) ma dappertutto ed m ogm occasione, lo s~1n!o di quest'uomo politico si manifesta nel senso d'una seren~ fiduc~a 1? Dio (nel quale crede con la .,spontaneità tranq~illa, sc_evra d1 fanatismi, d'un cattolico italiano) e nel senso d'una fiducia quasi altrettanto salda in ciò che può essere fondamentale rettitudine e ragionevolezza umana, sanità o attitudine a gJiarire. E pace, non come una cosa comoda, ma come una cosa giusta e bella. Chi conosce davvicino Giuseppe Motta, lo ravvisa anche per altri caratteri in questi scritti che, nella loro sem– plicità ~asalinga e nella .stessa a;senza. d'ogni accentuazione stilistica, pr>J·fettamente corrispondono alla sua pacata equilibrata personalità. Egli è veramente, come qui appa.re, l'uomo dalle idee chiare e ben definite, conciliante negli accide nti e fer mo nella •sostanza, propenso a considerare il lato pratico delle cose ,senza perdere di vista il loro contenuto ideale, superiore ai partiti in quanto sia necessario perché un alto magistrato possa operare con tutta rettitudine, devoto a quel buonsenso che alcuni disistimano come una forma inferiore della mente, ed è, o può ess&e, una specie di ragione superiore divenuta istinto. Movimenti guardinghi; e nessun impaccio tuttavia,· nulla di quella pesantezza, anche onesta, che si potrebbe supporre in un uomo disceso direttamente dalla sua mon– tagna. La Svizzera, paese non grande ma parte vitalissima dell'Europa, legata alle potenze circostanti da nessi delicati, si trova frequentemente nella necessità di trattare questioni internazionali che esigono tatto ed occhio non comuni. E che questo vallerano dell'alta Leventina, da do-– dici anni e in un periodo criticissimo, .sia poti;ito rimanere e rimanga a1la direzione degli affari esteri, dimostra che alle sue virtù di probo cittadino e di saggio amministratore's'aggiungono duttilità e ac-cortezza di vero uomo di Stato. Anche di questa bella completezza e soprattutto di quel senso di convenienza che è, nelle cose diplomatiche, come l'istin– tivo galateo ù'una persona p& bene, si possono ,scorgere molti segni nelle pagine che ci stanno dinanzi. Nelle quali un lettore straniero troverà pure preziose indìcazioni circa il come ed il perché della salda convivenza elvetica. Due indica– zioni, a mio avviso, di precipua importanza: il particolare concetto sviz– zero di democrazia e l'autonomia, se cosi posso dire spirituale dei tre popoli che compongono la Confederazione. ·Quando' il Motta professa « la ,~ua fede pro~o1;1d3: nella bo~.tà dell'idea democratica>>, subito però soggrnnge le condiz10m_necessane perché il regime democratico dia tutti i_suoi frutti; tra le quali condizioni, << l'autorità dei capi e la stabilità ù~~ gove:no »_. Né è un semplice articolo_ di programma: nessun governo prn stabile di quello che regge la Confederazione. Motta è da vent'anni minis!ro,'. e da dodici a~ni ministro degli esteri. Ciò spiega in gran parte perche 1 idea democrati-ca rappresenti nella Svizzera una formola salda ed efficace di reggimento politico . . _L'~utonom~a,spirituale dei tre popoli: tre lingue, tre colture, tre tra– diz10m, ?he v1c~ndevolmente si riconoscono e si rispettano • ed in quel mutuo r1conosc1mento il vincolo familiare, anziché rallent;rsi .si cor– robora d'una ragione di più. Anzi, un pensiero del Motta che rit~rna fre– quentemente ne' suoi discorsi, è che la ,Svizzera difficilmente potrebbe BibliotecaGino Bianco

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