Pègaso - anno IV - n. 3 - marzo 1932

366 - O. Pt!llizzi - Quadri di Francia fo Pfooadilly certo meno di quanto aspettassimo; bisogna arrivare al pieno Seicento, quàndo tutto il suoco del Rinascimento italiano è stato spremuto a Pa– rigi, e un più aJto sole splende sulla corona d~ Francia, per t~ova:e un Le Nain un Bourdon un Poussin un Lorram, rappresentati qm con larghezz~, e forse co~ eccess~; ·in' queste ~ropòrzioni, il Ci~qu~ento italiano, due anni ,fa, avrebbe occupato spazio tre volte maggiore! Gran secolo per la Francia, il Seicento; ma in arte, eccolo qui, non ti sembra anco{· padrone di se stesso; non è anc6ra una civiltà che abbia trovato l'interiore certezz3J, dispotica, della ,sua espressione, come l'ebbe l'Italia dal Due al Cinquecento; è un mondo che si cerca, non ancora un mondo che si esprime. In somma il primo artista che ti prende alla gola è Watteau. E dopo lui Chardin, Lancret, qualche altro minore, finché navighi in pieno Fragonard, pareti intere; ed ,è come .se fossi arrivato al dolce porto senza esserti accorto cli stare compiendo un periplo grande. Dopo, ,è il Romanticismo; e in faccia a lui, nella viva di~lettica del - moderno spirito francese, la ra·ison dei neoclas·&ici repubblicani e napo– leonici; David e Ingres si guardano senza incontrar.si : ma sono, l'uno piccolo, e l'aJtro maggiore. La vena romanti ca ingrossa e divien fiumana; urta gli ostacoli e-li spazza. Tutto l'Ottocento francese appare come un immane sforzo per intellettualizzare, e cosi vinoere, questa forza strapo– tente e conquistatrice che è il Romanti.cismo; Parigi è l'estremo baluardo latino, dove ci si batte contro lo spirito del Nord, il quale attraversa la sua grande ora. Sembra la difesa di Vienna conti:o l'Invasione turca. Ed ecco la vittoria, qui largamente documentata: da Delacroix e Corot, ognuno per la ,sua via, Courbet, Millet, Rousseau, Daumier, Ma– net, Degas, Cézanne, fino ag·li ultimi che già confessano la malattia del nostro secolo : rroulouse-Lautrec, Gauguin. Degas ha visto il mondo ro– mantico come Flau1fert ha visto Madame Bovary. Quel mondo non ha più mistero, né quindi fascino; è vinto; ma è come se questa vittoria e.i fosse costata più di una sconfitta; abbiamo dovuto sa.crificare per essa le nostre migliori truppe; per combattere il barbaro sul suo terreno abbiamo perduto la linea della tradizione maggiore. La pittura francese si è prima nutrita degli Italiani per poter poi affron~ tare i Nordici; ma non forse questi Nordici portavano alla civiltà euro– pea un'ultima ,fiamma, sebbene non durevole, di creazione e di vita? Che cosa rimane dopo ? Gauguin che va,a ispirarsi fra gl'indigeni di Tahiti. ... Malinconia,: il Gilles di Watteau è il demone di queste sale anzi lo spettro, il lemure. Ti appare là in fondo appena entri bianco' floscio con le anche larghe, il sorriso fatuo, vile e triste. È m~sso in diodo eh; lo rivedi quasi ad ogni svoltar di sala. Dietro a lui di ,sfondo altri comici italiani, più vivi, più normali; ma alla ribalta.! per loro ~intesi di loro, il degenere, il disperante paglioocio ! Sembra, eh~ non più di tanto rimanesse vivo dell'Italia, mentre la Fr3Jncia si preparava alla su.a più grande lotta spirituale. La simbologia è irresistibile: quando l'Italia non poteva dare più altro che questo, anche la vittoria doveva finire come è finita nel Da- cla.ismo. ' ' Londra, Gennaio. 0AMILLO PIDLLIZZI. BibliotecaGino Bianco

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