Pègaso - anno IV - n. 3 - marzo 1932

Edgar Wallacc 361 sformazione, d'altra parte, ch'era naturale provenisse da un uomo come il Wallace, rimasto, attraverso tutte le vicissitudini della sua vita e della sua fortuna, conoscitore d'uomini e di casi, non d'idee e di ideo– logie e alieno da ogni velleità artistica e propagandistica, reporter an– che nel romanzo e al teatro, cioè interessato al fatto e all'azione, sia put che lavorasse per la vittoria degli Alleati durante la guerra e si schie~ rasse, come in questi ultimi mesi, sotto le bianche insegne ,del liberismo e del pacifismo, 1 s~i11tovi da convinzioni scaturite da esperienze od emer– genze, da avventure, insomma, della realtà non dell'intelligenza. Questo carattere di Edgar "\VaUace spiega anche perché, regnando da despota nel campo del romanzo popolare a base d'intrighi criminali e di grovigli polizieschi, egli non si lasciasse permanentemente sedurre dal romanzo poliziesco problema ed enigma, sollecitante la perizia in– tuitiva dei pazienti amatori di rompicapi. I suoi poliziotti dilettanti o professionali non sono armati di scienza sottile e dotati di prestigiose virtù soprannaturali, ma di buon senso, e ben di rado in tutte le sue 1 1agine li scopriremmo intenti a seguir le tracce d'un delitto e d'un colpevole con arti magiche e benedettine, desunte da ogni ramo dello scibilt. Lo stesso omaggio che egli soleva rendere ai meriti e ai metodi della polizia ufficiale di Scotland Yard, risentiva della sua incapacità o della sua impazienza a creare dei tipi di poliziotti dilettanti miracolosi, come quelli che una interminabile schiera di romanzieri veniva creando ad imita.zione di Dupin, di Lecocq o di Sherlock Holmes. Wallace era, se mai, più propenso a far sfoggio di fantasia e di abi– lità nei suoi delinquenti che nei suoi inseguitori di tracce e di colpe, ed in questo era egregiamente servito dalla sua peculiare esperienza del mondo criminale. Come ebbe a dire una volta Beverley Nichols, biso– gnava ringraziare Iddio che Wallace avesse un successo tale da soddi– sfare tutti i suoi desideri legittimi ed illegittimi, perchè guai se un Wallace, misconosciuto e reietto, si fosse dato ad agire i suoi romanzi invece che a scriverli! Egli sarebbe stato un delinquente perfetto, un cri– minale spaventoso, da dar del filo da torcere a tutti i poliziotti del mondo: un pericolo pubblico. Wallace si contentava, invece, di frequentar carceri e corti d'assise e di ricever le confidenze di qualche affigliato alla malavita, o di qualche liberato dalle patrie prigioni e sosteneva, d'altra parte, per conto suo, che i delinquenti erano molto meno intelligenti e intraprendenti di quel che avrebbero potuto essere e che, molto spesso, i loro atti non erano mossi che da ingenuità o da vanità, come sosteneva che i parti della sua fantasia non erano troppo superiori a quelli della realtà e spesso non facevano che riprodurla. La delinquenza selvaggia e spettacolare di On the Spot, uno dei suoi drammi più recenti e più fortunati, non è una riproduzione esatta di qu,ella dei gangsters di Chicago ? L'immagi– nazione dello scrittore non ha aggiunto nulla alla realtà vivente e con– statata, non ha neppure avuto bisogno di impegnarsi a rendere verosi– mile una favol a che e ra vera. È proprio curio.so veder come questo « maestro del sensa,zionale », questo narrato re di s torie da far rizzare i capelli e da far venire la pelle d'oca, creda necessario affermare ad ogni momento che egli aderi- BibliotecaGino Bianco

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