Pègaso - anno IV - n. 3 - marzo 1932

Ricordo di Pietro Mastri 357 .seguitava ricordando la 't?ia crucis che lo riportò alla poesia: - Una vera espiazione. Crisi di corpo, poi cli spirito, come avviene quasi sempre. Due anni di torture inaudite: sei mesi d'ospedale sotto i ferri del chi– rurgo. La carne macerata: l'anima che si riaveva a poco a poco in un .albore di luce nuova. - Nella Meridiana -che è del 1920, nella Fronda oscillante che è del 1923, questa luce nuova accenna. Ma soprattutto in quelle raccolte si sente il poeta che, dopo quasi un ventennio di silenzio, riprende gusto all'arte sua. C'è qualcosa di ·sperimentale, come abbozzi e cartoni, in molte di quelle poesie; ora troppo eloquenti, ora giù di tono, ora discorsive e ma– liziose all'uso crepuscolare, oppuré con un'aria gnomica o di capitolo. Proprio com'uno che, dopo lungo. silenzio, su varie scale si rifaccia l'or-ecchio al canto; piacere un po' vano di un poeta chi si riprova, dopo tanto, con le parole, coi ritmi diversi, con le rime. E ne vien fuori, un mo– mento, un Mastri un po' dilettante e disperso. Tuttavia la <( luce nuova» già si annunzia; basterebbero a dircelo due sole poesie, « Mattino di :grazia», « Sentiero d'alzaia)). E nel 1927 il Mastri pubblicò quella Via delle stelle che mise davvero sigillo alla .sua nuova poesia. Fu quella la seconda fioritura sua per cui subito anche i giovani poeti (ricordo un bell'articolo di Eugenio Montale, tanto più bello per essere il critico, questa volta, giudice e parte .... ), anche i giovani riconobbero in lui ,quasi sessantenne, uno dei loro. Il libro ha una sua coerenza, e dialettica, e come l'intima struttura d'un'autobiografia. Il Mastri non assume argomenti e ma,teria nuova nella sua nuova poesia; si rifà, daccapo. Per cantare la vera e talora l'alta poesia della Via dellé stelle, basta al poeta tornare col cuor,e nuovo, con la coscienza d'oggi ai motivi, ai tèmi d'un tempo. Il poeta di vent'anni fa, in apparenza tanto più vario ed estroso, è stato direi riassunto, messo a fuoco, dal poeta d'oggi, esperto di tanta più vita e dolore. La ,stessa materia, le stesse cose, gli stessi motivi di poesia, per il tràmite sofferto di questi venti anni, li vediamo passare dal vecchio poeta al nuovo, e nell'atto spogliarsi, ¼t,sciare il vano, toccare il loro fondo, pur serbando un'eco, un ,sorriso dolente di quella prima vita. La poesia di ieri torna quasi « decantata>> nella nuova: che è cosi poesia no– -stalgica e attuale, ispirata e pure logicamente provata e ferma. E quel che d'amaro, amari aliquid, che restava ieri al fonqo del naturalismo del Mastri è salito, si è spanto a dar sapore a tutta la sostanza; ma in una luce ora rassegnata e cristiana. Il poeta ha .finalmente trovato·il suo pernio: Oh forza, mutevole e immota, ch'io sento impernarsi nel centro del mio essere, come il mozzo da cui s'irradia la ruota ... E non narra e non canta; direi C.Q.e soltanto ,si ricerca e si discorre nei varii momenti della ,sua vita. L'infanzia, « L'età, bianca ii; poi « L'età 1·omantica », la prima stagione d'a,more. O i perduti occhi materni: .... occhi, che porto meco nel mio profondo e non posso più mai consolar coi miei baci; BibliotecaGino Bianco

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