Pègaso - anno IV - n. 3 - marzo 1932

352 U. Ojetti York proprio ,a Napoli, e ad Alberto Consiglio hai confidato che _il giornalismo americano è il giornalismo pe~etto pe~·ché è t1:tto fatti~ e che le notizie han da essere come là, conctse, anzi scheletrl!che, e gh articoli brevissimi, d'una tra~parenza elementare. Hai perfino aggiunto che la letteratura americana è, Dio ti salvi, la migliore del mondo. Forse non hai scelto il momento più comodo per questa esaltazione dell'America a modello universale; ma la franchezza del tuo giudizio e il coràggio di agire subito ·come pensi, m'incantano, anche per~ ché sono qualità rare in questi tempi diffidli nei quali gli stessi tuoi irnpavidi Americani non sanno, tra d~e oceani, che pes~i si pigl~are. E che il tuo ardimento faccia la sua prima prova a Napoh, nella città, s,embrava più fedele alla tradizione negli usi e nei costumi e fin nella poesia se' il suo maggior poeta è addirittura un poeta in dialetto, ciò aggiunge valore all'esperienza. 8e riesce, come t'auguro, presto vedremo altri giornali seguire il tuo esempio; noi scrittori ci rifugeremo nelle riviste e nei libri cedendo ·n posto ai cronisti e agl'impaginatori; e tutt'un'epoca del nostro giornal:i-smo, non ingloriosa anche perché fino a dieci o dodici anni addietro tu le hai dato ingegno e fatica, sarà morta per sempre. Una croce ,e un fiore, -se pur si troverà chi li paghi. fo, forse per difesa personale, credo alla potenza dei grandi giornali sull'indole dei lettori, non nel senso che i giornali creino questa indole, ma nel senso che, assecondandola-, ess.i la migliorano o la peggiorano, la raffinano o la abbrutiscono .. E finora ho creduto che i nostri articoli~ I.unghi magari due colonne, letti anche da chi non consentiva, lo ajuta– vano a meglio capire un argomento. I Nordamericani insomma deside– rano, fra tutto quello che è avv,enuto ,nelle ultime ventiql'lattr'ore, di poter scegliere a colpo d'occhio quel fatto o due. che to0cano il loro interesse, il loro mestiere, i loro negozL propositi, speranze; gli altri non contano. Quell'unico fa.tto, poi, ,se lo ragionano da loro e, se sba– gliano, peggio per loro. Fan lo stesso cogli uomini: un uomo che a loro non serve, non esiste. Il principio d'utilità domina là anche sul principio d'autorità, d'originalità (che non vuol dire bizzarria), di saggezza e di bellezza. L'Italiano invece vuole capire, vuol perdere tempo a capire; prima di tutto, i suoi simili, e poi i_loro fatti, anche se sono lontani dal suo lavoro e dal suo interesse. E quel che lo aiuta a capire, dalle chiacchiere della comar-e seduta fuor del « basso » vic.in 'o fino agli articoli del giornale, tutto gli è gradito. Prima capire, poi agire. A Nuova York o a Gicago, prima agire per guad~gna~ danaro e salire; poi, se s:'ha tempo per ozi siffatti, tentar di 'cl!,pire l'inutile resto degli uomini e le loro opere rinomate, che è un lusso. Eppure dal nos,tro desiderio anzi bisogno, di -capire il nostro prossimo, è venuta quella esperta uma~itù e bontà, prima dote del J:!Ostropopolo. E tu, sbarcato da pochi giorni, mi narra;n commosso la fratellanza, a Nuova Yo•rk, tra gl'Italiani poveri, nelle strettezze d'oggi. Gli emigrati d'altri paesi e gli stessi Americani in miseria non trovavano intoTno che duri .sguardi e silenzio e i rari soc– corsi ufficiali, tessera in mano ; ma ,siÌ.ciliani e calabresi napoletani e romagnoli, riuscivano in quelle angustie a soocorrersi a' vicenda e, se n~n avevano che una pagnotta e una mela, la spartivano col compa- tnotta, ché per es•si anche la bontà era pane. · ibliotecaGino Bianco

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