Pègaso - anno IV - n. 1 - gennaio 1932

I ciclami di Banne 41 struosa creatura della terra; gli s'era gettata davanti in ginocchio: - Finiscimi qui, uccidimi, - aveva supplicato. Ma egli le aveva risposto : - Stupida, romantica! - Allora appena ella aveva visto il pallore del suo volto, dove l'espressione concentrata di prima, di quando erano entrati nel bosco (espressione che lei non aveva capito), s'era come distesa in un brutale appagamento. Ella aveva già perdonato; ma quando si fu levata in piedi per la seconda volta, nori c'era più nulla che le rimanesse di' sé, neppure quell'orribile lamento chiuso nelle sue viscere. S'era sentita nuda, sudicia, stra– ziata; nel ricomporsi il vestito, nell'arrotolarsi sulla nuca }a trec– cia sciolta, aveva avuto la chiara sensazione che quelle non erano mani sue, ma altre mani, forse le mani sicure e generose della nonna, che soleva pettinarla e vestirla quand'era bambina. Non ebbe più paura; avrebbe preferito esser sola: temeva ch'egli parlasse, egli che l'aveva presa per la vita e le camminava vicino. Oh, tutto avrebbe sopportato, anche un secondo strazio, pur di non udire la sua voce! Egli aveva raccolto su dal suolo il mazzo di ciclami e glielo aveva infilato nella ch1tura. - Mamma, che fai? Perché stringi a quel modo i ciclamini? - Le parole di Lhj.o la scossero. Ebbe l'impulso di carezzare quella testina e di domandargli perdono. Guardando i suoi due bimbi, pensava che in fondo il destino non era stato tanto cattivo con lei. E anche se un giorno, forse non lontano, le sue creature l'avessero abbandonata, lei avrebbe potuto sempre vivere per loro. Renata, terminato di fare il suo mazzo, se l'era lasciato cadere nel grembo e. fattosi dare un panino dalla madre, mangiava. Lina l'osservava nell'atto del mangiare: tutta suo padre!: la stessa te– nace morbidezza felina nel chiudere le mascelle sul boccone e nel– l'accompagnarne il moto con la testa, la stessa fissità dello ·sguardo, come assorto in un rito. Il padre delle due sue creature! Quali mo– menti diversi avevano rappresentato quei due uomini nella sua vita, quanto diversi essi stessi, uguali forse soltanto nella fugacità con cui le erano passati accanto! Il primo le aveva distrutto la sognante leggerezza del cuore; il secondo, dopo averle dato il modo di ri– costruirsi u:na vita, se n'era andato portandosi via la parte più si– cura di essa. Non li accusava ; sentiva che in gran parte la colpa era , sua, della sua natura passiva e sensibile. Anche il secondo, sì, ella non aveva fatto nulla per trattenerlo, benché nel suo petto tremasse sempre di perderlo. Per il primo, no; per il primo, dopo quella do– menica sera, ella non aveva più tremato: gli si era sottomessa come una schiava, senza volontà; ma aveva temuto, se quella re– lazione fosse durata, d'esser sopraffatta dal sentimento più estraneo alla sua indole: l'odio. - Ti sposerà, - aveva detto sua madre; ma lei, dall'idea di dover vivere insieme con quell'uomo era stata talm~nte inorridita, che quando s'era accorta ch'egli. sazio, le si · ibliotecaGino Bianco

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