Pègaso - anno IV - n. 1 - gennaio 1932

Lettere di Giovanni Pascoli al pittore Antony De Witt 5 Per la sigla avrei questi due motti; del senso presso a poco uguale. Io voglio che risulti che in me la vena poetica è derivata dal dolore, e più in generale, che la poesia è in tutti un dolor dolce etc. etc. Dunque eccoti un distico di Theognide : L'lsveo avv avÀrrrijei naeà uÀalovu yeÀwv-reç n{vwµsv, us{vov -uf/Jeai -reen6µsvo1. Qua, ridendo insieme presso l'auleta che piange, beviamo dilet– tandoci dei suoi affanni! (Il pianto dell'auletere è, s'intende, la :Sua musica flebile). Di questo distico io prenderei o tre o quattro parole. Queste: AY/\HTHPI nAPA K/\AIONTI -presso l'auletere che piange (a me par meglio così, senz'altro), ,oppure: AY/\HTHPI nAPA K/\AIONTI rE/\QNTEC -presso l'auletere che piange ridenti (riferito ai lettori). Come ti va meg-lio ? O questo. È in Saffo: Non (sia) a me né miele né ape. Ohe s'interpreta : non voglio il bene (miele) che non si può avere -scompagnato dal male (l'ape che punge). Da questo io, ricaverei un motto opposto, èµoì CJÈ µéÀiaaa uaì µÉÀt e io voglio l'ape e il miele, cioè accetto il dolore, che produce la poesia! EMOI 6E ME/\ICCA KAt ME/li :Scegli tu. (Barga, 9 luglio 1899). Mi piace infinitamente la lampadina. Guarda combinazione! iQ -cred_oche la mia poesia meno peggio sia l'inno la Poesia, nella quale la poesia è assomigliata alla lampada. O quella (s'intende, lampada) Epodo 4° - O quella che illumina tacita tombe profonde ; con visi scarniti di vecchi; tenaci ·• ltoteca Gino 81anco

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