Pègaso - anno III - n. 12 - dicembre 1931
I sessant'anni di Heirtrich Mann 685 scrittore di manifesti ha fatto altro che legittimare propagandandola l'opera propria o enunciare il programma di quella avvenire? Questi manifesti di Mann preparavano la trilogia del Kaiserreich, mentre già nell'allievo più indipendente di Unrat egli aveva simboleggiato ciò che intendeva per spirito e per uomo, e nel pedante era fatto persona il suo concetto d'autorità, di potenza, d'antispirito. Lo Rpirito, secondo Mann, deve lottare contro la potenza fino a che an– ch'essa sia diventata spirito: cioè democrazia. Stranamente infatti egli concepisce lo spirito solo sotto specie politica e crede esaurito l'uomo e tutte le sue esigenze nel cittadino, il quale si realizzerebbe appieno solo, in una democrazia che, per esser sempre mediatrice tra opposti, finirebbe, e s'è visto in pratica, per annullarsi nella propria antitesi. Gli scrittori tedeschi, pensa comunque. il nostro autore, hanno troppo seguìto Goethe, che a forza di tutto legittimare nella natura è arrivato al quietismo e alla reazione, e troppo poco Voltaire e Rousseau che, meno grandi ma più umani, opponendo lo 'spirito alla natura e il senso di giustizia all'arbitrio hanno prepa– rato la rivoluzione. Lo scrittore che s'accosti alla classe dominante, tradisce il suo compito che non è quello di lavorare alla propria perfezione spirituale o a quella di una pura opera d'arte, ma d'af– fratellarsi, creando, al reporter per il trionfo dello spirito (demo– cratico) a qualunque costo. In quello studio intenzionale su Zola, pubblicato nel '15, in cui si scrive Francia e Secondo Impero perché / si legga Germania e regime guglielmino e· in cui nello stesso Zola s'adombra Mann, l'abbattimento della clasS() dominante non sembra pagato troppo con la sconfitta : « le catastrofi avvicinano alla fe– licità)). Quando Thomas Mann nelle Betrachtungen eines Unpolitischen si ribellò a queste affermazioni, egli parlava in fondo a nome di quelli che non amano le catastrofi per il proprio paese e che alla «felicità)) regalata dalla politica han la debolezza di non credere. ,Ma oggi anche più di ieri si può esser con lui per la cultura intesa come coltivazione dello spirito e contro gli ideali virtuosi didattici razionalisti del Zimlisationsliterat che, per esser troppo simili a quelli illuministi coltivati verso il 1770 da Nicolai e compagni, por– tano con lo stesso _ritmo alla banalità, all'appiattimento, alla morte dello spirito. Il vero torto di Thomas Mann è di aver posato a uomo di fegato nell'affermare cose che in fondo trovavano la maggioranza concorde, quando erano pericolose al fratello, mentre l'unica atte– nuante di Heinrich è viceversa il reale coraggio nel sostenere tesi impopolari e non di rado odiose. E odiosa è tutta la trilogia imperiale. Se anc6ra nello studio J(aiserr_eich 1mcl Repiiblik l'essenza del cessato Impero è diagnosti– cata soo·o·ettivamente ma non senza acutezza, questi tre romanzi, _ Der 0 Untertan, Die A.rmen,· Der Kopf, - non sembran già la BibliotecaGino Bianco
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