Pègaso - anno III - n. 12 - dicembre 1931

670 V. G. Rossi soffermandosi di quando in quando per tenerci aperto il varco nel– l'intrico dei rami cascanti e nei viluppi spioventi dellé liane. Pi quando in quando il negro della scure leva la scure, stronca, abbatte rami e liane. Bande innumerevoli e fitte di grandi formiche; lucertole di tinte splendide, simili a lembi d'arcobaleno, cosi grandi ch'io li per li le prendo per coccodrilli, perché l'impressione che dànno è più forte della memoria, che deve pur sapere che i coccodrilli non abitano nell'asciutto della foresta; uccelli mai visti prima d'ora, piume da testiera di pellirossa, e cantate patetiche, e gridi cher quando esplodono prossimi e repentini, raffreddano il sangue come gli estremi gridi d'un suppliziato; strilli di scimmie, schiamazzo di scimmie, esercizi atletici di scimmie sugli alberi. - Bombo) s.ombo ! scimmia, scimmia! - gridano i negri a ogni apparizione di scimmie, e ne imitano gli strilli e i gesti, come se si ritrovassero in famiglia. Ma sparare, no: neanche a quella lucertola verde rossa e gialla come un pappagallo, lunga un buon metro, ferma li da qualche minuto a chiamare volenterosa una palla di fucile? neanche a quel branco indemoniato di scimmie che strombettano lassù, aeree, acrobatiche, e forse si ridono di noi, bestie terraiole? No, no: niente sparare: perché noi andiamo a caccia dell'ele– fante; e se l'elefante ode di lontano i colpi, chi lo vede più? Gindò vigila severo e ansioso i nostri fucili di bocca buona, che si accontenterebbero anche della grande lucertola, anche delle scimmie. I quattro negri, invece, hanno l'acquolina·in bocca per quella lucertola, che, arrostita o bollita, sarebbe un piatto da signori. Ma dove siamo ? da quanto tempo èamminiamo ? Su ·e giù, il tempo passa di sicuro, ma la foresta conta i secoli, non le ore. Ohe cos'è il tempo nella foresta? La foresta abolisce il senso ·deLtempo: il sole che scorre sul quadrante del cielo e misura la corsa del tempo, qui non entra, è fuori di qui: qu}, né luce né ombra, .e il tempo è in una lontananza irraggiungibile. Come vivere sott'acqua, in una campana di vetro. Io credevo, però, che Gindo o il mio amico, o qualcuno dei quat– tro negri conoscesse la via, sopra tutto la via per tornar~ indietro; ma ora, come vedo che il mio amico tira di tasca la bussola, guarda, e annota le indicazioni d~lla bussola in un taccuino, capisco che– andiamo alla ventura, c,he ci possiamo anche perdere nella foresta. E non è, no, una piacevole sensazione .. A un tratto Gindo s'arresta di botto, fa segno a noi di arrestarcir di star zitti. Ohe c'è? Io apro tanto d'occhi, tanto d'orécchi, ma.e' BibliotecaGino Bianco

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