Pègaso - anno III - n. 12 - dicembre 1931

652 O. Alva.ro . città; e dobbiamo vivere in quella, legge. La natura è ormai la nostra · nemica. - Ella capiva bene queste cose. Si può immaginare una scena più irragi<;mevole cli quella ? Eppure era così. Andando via ne avevo già rimorso. - Hélène ha risolto tutto, - dissi io più tardi. Addormentandomi la sera sentivo il mare che seguitava a dire da solo la stessa cosa, la stessa cosa; ma i suoi accenti erano indistinti, e io ancora non riuscivo a capire. Capivo il tempo, l'eternità, e io ero una di quelle onde, sempre inquiete, e domani un altro avrebbe preso il mio posto, e tutto sarebbe stato lo stesso. Non sarei andato via fino a quando non avessi veduta la conclu– sione di quel ·fatto; senza premeditazione io andavo compiendo un'opera diabolica; Alda e Benvenuto erano in certo modo miei schiavi; io regolavo le loro fughe e i loro incontri coi miei atteg– giamenti; rinfocolavo e lasciavo cadere gli scrupoli, facevo indie– treggiare e avanzare il giovinetto; qùesto fatto mi occupava tutto, come se io mi servissi di questo ragazzo per inventare.qualche cosa, _ e per vivere. Ero sicuro che Alda si trovasse alle prime inquietudini dopo anni di naturale fedeltà, e lo capivd ai suoi smarrimenti e stordimenti, alla sua mancanza di cautela, o alla sua straordinaria timidezza e malinconia. Arrossiva e impallidiva, era lieta come una bambina o cupa come se avesse perduto ogni speranza. Non cantò più, si nascondeva quando ·voleva accomodare i suoi capelli pel bagno, aveva timore d,i mostrarsi in costume succinto, tanto che per buttarsi in mare si andava trascinando sulla rena fino a che scendeva nell'onda e l'abbracciava nel primo scatto del nuoto. Mai mi ero divertito come.a sentire Benvenuto dire le solite frasi: cc An– diamo a fare unà gita in barca)); oppure: cc Andiamo a visitare la cascata)). Trappole che io conoscevo, di cui tutto il mondo si era servito da migliaia d'anni. All'agitazione che prendeva Alda per queste parole, era, chiaro essere lei all'estremo delle sue forze, e che non si faceva nessuna illusione. Benvenuto aveva cessato di confidarsi con me, mi fuggiva, e ~llora io li andavo cercando, :i;na senza darmene l'aria. Talvolta sentiyano il bisogno di prendermi con loro, di avermi fra di loro; e siccome mi rifiutavo spesso, mi davano la colpa delle gite mancate; oppure venivano a cercarmi in casa, sedevano sulla mia terrazza, e dicevamo tutti cose lievi. Ella posava· la testa su un cuscino che poi rimaneva impregnato del suo profumo. Questo profumo lo sentivo talvolta stando sveglio la notte, che volteggiava nell'aria. E questo era un curioso rapporto. Da un pezzo io non guardavo più in viso Al<la, per me non aveva più forma, e tutta questa assiduità non era fra di noi altro che un amore co– mune, generico, direi cosmico, composto di tanti elementi diversi, un amore di cose e di piante. Quando posavo gli occhi su q.i lei, mi meravigliavo quasi che fosse quella e non altra; nella mia fantasia, 'j.,. Biblioteca \il

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