Pègaso - anno III - n. 12 - dicembre 1931
Il mare 643 lontano d'un dolore che non confessava. Non diceva nulla di pre– ciso, ma si capiva. Era molto più giovane di me, e mi ha lasciato Fimpressione di aver fatto male a un ragazzo, come càpita a scher– zarvi. Insomma, non starò a dire di più. Ma ora, se sbarcasse con un di quei velieri che appaiono improvvisi e vicini sul mare, io sarei molto più buono. Sono le stanze delle città che hanno colpa di tante cose, la solitudine, la troppa gente. Quaggiù io la tratterei come una convalescente, le farei visitare le piccole spiagge che si aprono qua e là-per la costa, tra quinte di scogli, coglieremmo i fiori delle valli, i coralli che si trovano sulla spiaggia. Vorrei farle del bene. La barca dei coralli con la matassa dei cordami sul ponte approda talvolta qui, si vede poi al largo con la sua vela grande, che è partita all'improvviso. · Oltre la rupe che strapiomba sul mare l'acqua è liscia, chiara, profonda. Si sente parlare, a questa distanza, con parole che son quasi brividi; spesso sono due bagnanti, due donne : sullo specchio dell'acqua verde stanno sospese come su una materia densa e tra– sparente, i loro corpi diventano fluidi come veli, i movimenti delle gambe e delle braccia hanno una mollezza di tentacoli. Parlano te– desco.· Il mare spumeggia attorno a uno scoglio, e sullo scoglio una donna nuda sotto il sole. Il sole sospeso nel cielo s'apre come un riflettore, guarda, aperto Qcchio chiaro, e vien voglia di nascondersi a lui, quasi che pensasse: il sole è maestoso e forte, vede tutto e sa t.utto, scalda le piante gli animali e gli uomini. Io, dopo un poco, fuggo interrorito all'ombra dalla grande fiamma: mi sembra debba consumarmi, che mi prenda e mi riduca un elemento ancor più pic– colo di questa terra, un verme o una pianta; brucio tutto anc6ra come le pietre che buttano nella notte le vampe del giorno estivo. Non riesco a pensare a nulla, tutto mi sembra inutile, la vita mi , appare d'una facilità estrema, non m'importa se di me non si occupa più nessuno, se quasi più nessuno mi scrive. Il pomeriggio, dopo questo bagno di luce, torrido anc6ra come se non mi appartenessi, e qualcuno mi avesse rubato a me stesso, sono straordinariarµente inq1iieto. Sto bene come un animale, dj_:reiche sono felice, se la felicità non fosse la cessaziQne d'un ,dolore. In me la cessazione del dolore è nel non avere più passioni; sono libero, nient'altro che vita. Il primo giorno di questo stato è abbastanza- penoso : è vero che le cose presenti non c'interessano più, ma i pensieri, gli affetti, i dolori di ieri, vengono avanti nella memoria come violenze e ingiu– stizie; a un certo punto mi metto a piangere di cose accadute mol– t'anni fa, come il cane vagabondo che sogna. Eppure è questo un piacevole dolore, la sofferenza per cose che mi fecero soffrire è in– consolabile ma dolce, perché non alle cose penso più ma al dolore che mi hanno dato e che ho sopportato. Son tutti effetti di questo sole enorme ; siamo in molti a soffrire dello stesso male e ce lo vo- ibliotecaGino Bi9 nco
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