Pègaso - anno III - n. 12 - dicembre 1931
762 Lettres de Degas felice nel futuro, ma non si ingannarono, sulla necessità di un pro– fondo equilibrio, sentendosi figli di una tradizione, cioè cli una cultura, e cli una civiltà. La medesima atmosfera in cui si vive dayanti alle sue pitture, Degas ce la fa, respirare nelle sue lettei'e, e questo per pura e intima coerenza spirituale, e non per un senso di pittoresco, portato cli maniera, nei suoi scritti; tanto che non una desc.rizione ùi quadri « alla Degas >> esiste, si può dire, in. tutto l'epistolario. Al quale mancano molte lettere;, troppe, quando si pensi che non ce n'è una indirizzata a una donna (s'intende a che donna alludo) e che la famiglia non ha dato quelle a lei dirette. È noto quanto Degas, questo «borghese» che non si sposò, amasse i fratelli, le sorelle, i nipoti e come, per sostenerne non solo il decoro ma l' esistenza stessa, lavorasse e vendesse i suoi « articoli » (così chiamava i suoi quadri) sa-crifi.canclo mesi e mesi ,e stancando la vista, che ebbe sempre debole e minacciata. La leggenda ci ha mostrato un Degas perfido, subsannante e mor– dace; è questa la maschera che egli si costruiva per difendere il suo io profondo, estremamente sensibile. Era facile giudicarlo cosi e si sa quanto la gente s'accontenti delle etichette pur di tenere il cervello in pace. Con questo non voglio dire cl:ie Degas mane.asse di lvumor e, che la punta delle sue frecce non bucasse; ma anche le sue repMties più mordaci dimostravano un senso di misura, di « humanitas » e di verità. Non abbraociava gli imbecilli, né li ascoltava, né aspettava i loro ordini, cosa che naturalmente avrebbero desiderato o preteso; anzi li riconosceva cosi bene, ai;1che sotto la più pomposa o sbrigliata esibi– zione, che li .smascherava con facilità. Insomma il suo spirito nasceva da un'intelligenza acuta e da uno squisito senso di indipençlenza. In queste lettere, scritte con uno stile conciso, piene di scorci, sot– tintesi e trovate, si sente sopratutto la_sua intima nobiltà di artigiano, tesa a perfezionare sempre il proprio mestier,e, per arrivare ad esprimersi il _più compiutamente possibile. Di essere un artigiano.., un mago· della prop'ria arte, sentiva l'orgoglio intimo; e per darsi tutto a questa sua fatica era diventato « l'asceta della pittura», eome lo chiama J. E. Blan– che, ed esigeva la massima libertà per sé e per la sua giornata. , Era nemico dell'esibizionismo, non .solo,, ma della menoma posa che lega e rende schiavo l'uomo più spregiudicato, tanto da tenere a quell'aria di magistrato che gli attribuivano gli amici. Sapeva l'incomprensione che spesso ha la cosiddetta borg·hesia pe1; gli artisti ; ed il suo disprezzo per questa incomprensione e l'essere egli stesso nato, e-ducato e vissuto in una famiglia borghese, gli faoevan.o rampollare dentro un'ironia sor– ridente, che egli pareva scontare per primo. Si trova.va un giorno per una cura, in un albergo a Cauterets sui Pirenei; in mez zo ad una « so– ciété fort sirnple, ar-istocrat-ie de province, mon,d.e ùicn pensant, quelque signe de oroim a;vant de manger la soupe. On ne rn/a pas de:rn,a,n,dé ma profession. Est ce qite je la paraitra-is? Voyons, Bartholomé, ne me trompez pas » (lettera LXXXVIII a Bartholomé). E anc6ra in un!altrà lettera, parlando di un oerto barone che era suo vicino di tavola: « J'ai du liti di-reqite j' étais peintre et il n'en a pas été effrayé » (lettera XCI a Bartholomé). Biblioteca G~noBianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy