Pègaso - anno III - n. 12 - dicembre 1931
A. CONTI, Virgilio dolcis.Yimopadre, ecc. 747 fine. La vibrazione di quel canto dominava ogni altro suono, e faceva pensare che quell'inno della foresta fos~ vera.mente la 'voce primaverile della t~rra, potesse vincere ogni distanza, raggiungere l' estremo oriz– zonte e arrivare alle stelle». Siamo usciti or ora dal tempio di Apollo e dalla grotta della Sibilla. La stessa conclusione musicale noi troviamo dopo il racconto di una visita ad Ostia, all'approdo di Enea, insieme con Gabriele D'Annunzio: « E mi ricordo che quando al tramonto, dopo traversato il fiume, risa– limmo v~rso la ripa portuense, un popolo di allodole si levò dai campi. ... >>.Così il canto del passero solitario, udito « al tramonto, fra le rupi di Capri, a piccò sul mare», gli fa tornar-e in mente la poesia di Virgilio. ' Prima che le feste virgilianè inc.ominciassero, Angelo Conti scriveva: « Siapw alla vigilia del bimillenario e VJ.rgilio è anc6ra sepolto sotto la valanga dei luoghi comuni>>. Da allora, la valanga, ahimè, si è molti– plicata; ma la celebrazione non è stata inutile, anche perché ha servito ad accostarci m~glio a,llo spirito di Virgilio. « Dobbiamo aiutare dunque, , - scriveva 'allora l'esteta solitario, - la creazione spirituale d'un nuovo Virgilio, che non può essere né quello del Seicento, né quello del Me– dioevo, né quello del Rinascimento>>. Virgilio senz'altro, Virgilio,, il dolcissimo padre. Il volume su San Francesco è preceduto cla un saggio di Giovanni Papini, il quale mette bene in luce il platonismo di quest'uomo che in estetica fu un precursore, e per il quale « l'arte fu .... int~rceditrice per salire dalla bellezza alla santità; dalla contemplazione alla preghiera >l. Ma fu anche la sua gioia continua, e se ne allontanava a stento, anche se ciò era necessario per contemplar da vic.ino, avverato, l'ideale deHa santità. « Prima di dire. addio anche all'a-rt~, voglio riparlare di Giotto e ascoltare per altri brevi istanti le sue parole». E, descrivendo in una pagina ri(lea di poesia il monastero di San Damiano, conclude: « L'arte, sotto qualunque forma, qui non è necessaria>>. Ma nello stesso tempo non ·si accorge che per descrivere quel mistico rifl}gio sopra la dolcf cam– pagna d'Umbria, ha composto poesia, cioè arte. Direi, dunque, interce– ditrice, ma anche compagna od ancella. La po~sia, si fa, in queste pagine, francescanamente ancella deilla santità, strumento materiale dei « pensier contemplativi>> che lo scrit– tore sente scaturire dalla sua anima nella comunione con lo spirito del Santo. E non solo di lui, ma delle creature che più gli furono vicine, e in particolar~ ,delle due « discepole immortali))' Santa Chiara, e Santa Jacopa de' Settesoli, la Marta e la Maria del Poverello. Chiara è il capolavoro di San Francesco: « la donna, così trasfigurata., è la vera e~pressione del divino>>. Pure, in queste pagine di acceso misticismo (si leggono anche, belli fra gli altri, i capitoli sui Fior~tti, sulla Verna, sulle stimmate, sulla morte del Santo), il fine pratico non vien meno. Angelo Gonti voleva far buona propaganda per una vita più semplice e migliore. (l.onfrontando con le donne francescane « le creature seminude che s'incontrano un po' da per tutto», egli le esorta a salire « non verso la menzogna del vo~to truccato, ma yerso la verità d'una v\ta semplice ~ buona». E tutto BibliotecaGino Bianco ,
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