Pègaso - anno III - n. 12 - dicembre 1931

B. CROCE, Alessandro Manzoni 745 Manzoni) il saggio cl'ociano sull'opera poetica del lombardo. È certo un merito grande di esso Faver posto in luce, meglio che non avessero fatto gli altri critici e il Momigliano stesso, il valore singolare delle tragedie e delle liriche anteriori ai Promessi Sposi. In quanto al romanzo poi, come è noto, il Croce ne addita il tono riflessivo e moralistico, piuttosto oratorio che poetico : e combatte le accuse di coloro che, muovendo da modelli determinati di pura poesia, vi rinvengono commisti personaggi vivi e personaggi astratti, parti liriche e parti prosaiche: mentre in realtà tutto vi è illuminato da una luce uguale, nella quale gli affetti e le forze prepotenti della vita si smorzano e s'attenuano. Senonché egli stesso deve poi riconoscere che questa eloquenza dei Promessi Sposi è tutta contesta di poesia: e in particolare il paragone, che egli stesso suggerisce, co:u i romanzi del Voltaire, per quanto sottile e storicamente giusttficato, non persuade. Rimane difficile da intendere come il mora– lismo, nei Promessi Sposi, si concilii con la poesia, il fine educativo con la ·delicata determinazione dei caratteri. Ovvero bisognerà dire, con il Momigliano, che la morale religio~ è, nei Promessi Sposi, non uno scopo, bensì un presupposto, un sentimento che anima di sé e colorisce della sua poesia ogni parte del libro ?, Questo il punto al quale le discussioni del Croce han condotto la critica manzoniana: e di qui si dovrà muovere d'or innanzi per progredire. NATALINO SAPEJGNO. ANGELO CONTI, Virg·ilio dolcissimo padre. - Ricciardi, Napoli, 1931. L. 8. - San Francesco. - Vallecehi, Firenze, 1931. L. 10. Prima di meditare queste pagine frau.cescane e virgiliane. di Angeilo Conti, ho vo1uto rileggere La beata ·riva; e mi son riveduto giovane, tra gli snelli cipressi toscani, per i clivi di Settignano o presso la villa di Montughi, con il -caro amico e, con la sua conversazione indimenticabile. Di Angelo Conti si può ben dire che scriveva come parlava; non già nel senso falso e bugiardo degli ultimi manzoniani, ma perché la sua prosa ba tutto l'aspetto di uno che «dica)) senza pena e senza sforzo le più alte -cose. È una prosa discorsiva e pure elevata, una prosa piena di canto; sembra che ad ogni momento stia per intonarsi una melodia. C'è più fiato in questi periodi che in molte strofe di ottimi poeti; la loro suggestione è tale,· che io_stesso mi accorgo di subirla mentre sto scri– vendo di lui. « La coltura non -serve. Solo mezzo per rivivere le ètà lontane, per abolire la lontananza, è !;amore)). Così il suo Virgilio, il suo fido com– pagno degli ultimi anni, Qhelo consolò del male e della vita che fuggiva, è lontano da ogni storicismo e da ogni filologia. Il tempo sparisce, da– vanti alla voce dei grandi poeti : « Duemila anni! Sono meno di due minuti ; anzi non sono niente .... La musica del verso ci porta via, come ogni canto che è una voce del mistero del mondo; e sparisce l'wntiohità del pòema )). E avrebbe voluto che di questa verità si persuadessero co– loro che fabbricano· i programmi per le scuole e coloro che insegnano; BjbliotecaGino Bianco

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