Pègaso - anno III - n. 12 - dicembre 1931

738 P. Nardi ~ Fidatevi di quell'imagine, fidatevi d'un titolo, come Fede e Bellezza. d'apparenza più che edificante, e ponete il roman~o in mano a un'edu– canda: . « Una donna, passata i tr-entatrè, ma pur beila, s'intendeva molto materialmente in me giovinetto che molto spiritualmente l'anda-vo con– siderando; (;l non m'accorgevo de' suoi consumati ma pur schietti artifizii, né discernevo le tenerezze ch'ella mi scoccava tratte da' libri,· e volevo a forza adorarla com'angelo; e lei che prima, posava la sua sulla mia mano, e mi s'abbandonava in provocatrici attitudini, non capivo: ~ con lunghissimi abbracciamenti, a m~ quasi puri, ferocemente la tormentavo e la rimandavo delusa, ma non disperata di vincermi, e maledicente in cuore i letterati matterugi e le meteore platoniche .... Nell'idea la ri– veggo qual'-era, grande della persona, e le forme in pieno rilievo: ignude le braccia bellissime, e sul collo ignudo una pezzolina non distesa ma, attorta, illecebra di pudore : e il sorriso intendente, e modesta la voce; e candida tutta; ma il viso tinto di un timido rosseggiar di viola .... i>. Ancora: « Accanto a, un croato tarpàno dal viso fegatoso siede una giovane donna, di grandi forme e belle, di languido candore sparso di lentiggini voluttuose, che, posta giù ogni vergogna, riposa il capo sulle larghe spalle del vecchio, e lo accarezza; ed egli vorrebbe arrossire e contenerla, ma la dolcezza lo vince, e il timore di dispiacere a lei, che addossata al- l'uomo, rivolge intorno gli sguardi e par lieta .... ». · Lo so : così ad apertur;1 di pagina leggere non si dovrebbe; guai a trar dal libro le citazioni, dando loro questo taglio. Ve lo dice l'autore: - Il racconto « conviene abbracci e a<;cenni le cagioni delle cose, e anche in parte gli effetti, nel cui complesso •.èriposto n giudizio delle cose medesime» : « il disol'dine, il vizio, il misfatto non è più pericoloso se nulla si omette di ciò che lo accompagna e lo segue». Certo, a leggere Fede e Bellezza di seguito, la morale ha tutto da guadagnare. Ma l'arte? La favola è questa. Una ragazza orfana è ceduta, per speculazione, a un giovane conte russo, che l'ama, riamato, e poi se ne stanca e l'abbando~a; di colpa in colpa, passa a convivere con un giovane stu– dente, P?I con un mercante; s'incontra in fine in Giovanni, passato anche lm per un;:i,filatèra di altri amori. I due si sposano. L'epilogo è in una soffitta di Parigi, dove, sotto gli occhi di Giovanni, rimastole fedele benché sempre sullo sdrucciolo d'altre tentazioni Maria muore etica, cristianamente. , ' 1 L~ narrazione è in sei parti : nella prima, quella; che racconta è 'eroma; la seconda contiene una, specie di diario intimo del pé['otagoni 0 sta; nelle altre la parola è al romanziere.' « Ma la donna' narra» fu ' g·iustamente osservato, << come l'amante scrisse, come il romanziere eletta». Altro che la rMJlt:'l., vista ed espressa secondo le intuizioni dei personaggi ! Che Giovanni, duplicato di Niccolò, parli il medesimo linguaggio di questo, si ammette. Filologo l'autore, filologo il suo eroe. Incredibile è invece che la povera mantenuta cominci la propria .storia così: (BibliotecaGin Bianco

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