Pègaso - anno III - n. 11 - novembre 1931

Villa Beatrice 585 lui : ricordò le altre donne, i rapporti avuti con loro : sta bene, quell'era la moglie: ma a lui quella carne era estranea: quella carne senza sostanza di vita. E anche lui vide per la prima volta Beatrice come la vedevano gli altri : insensibile, statua. Ella non aveva latte per la sua bamhiria. E gli venne in mente Maurilla : chi sa perché, gli venne in mente Maurilla .... Lì, era colpa del marito : la sterilità in Maurilla - i medici s'erano ingannati - non dipen– deva da lei: non era possibile. E per un momento quella passione sempre così accesa, in lei, di maternità gli dètte un'agitazione nel cuore. Beatrice lasciava ora che la signora Iginia le ungesse di miele il capezzolo. La bimba rimessa alla poppa succiò, col rumor del linguino, spalancando gli occhi. « Ghiotta vera!)) fece la le– vatrice. ,Ma, leccato il miele, quando si trattò di tirare il latte, daccapo la solita storia: la bimba, dopo un primo sforzo, abban-. donò rimettendosi a piangere : più forte, ora, assaggiato il dolce. Ogni espediente, ogni trucco fu vano. Tutta la notte passò senza un resultato. La rosa certa: che Beatri non aveva una stilla di latte. Bisognava pensare alla balia. Intanto la bambina f:'trillava. A Re ualdo faceva male il sen– tirla : « Le verrà uno sforzo J). « Le _s'allargano i polmoni ll, rispon– deva la levatrice. Veramente pareva impossibile che un corpicciolo così avesse tanta voce e un fiato così resistente. « À fame, la piccina, à fame J). E in Romualdo, all'ag~tazione, alla preoccupazione di trovare una che avesse tutti i requisiti deìla balia, s'aggiunse la passione per la bambina che soffriva la fame: la paura che ella i.wesse a morire di fame. Ogni tanto la signora Iginia le presentava la punta d'un cucchiaino d'acqua inzuccherata; e a veder quella poppare disperatamente attaccando i labbri e il linguino all'oggetto come nella vita animale inferiore s'allungano ad aderire alle cose, incollandovisi, certi tentacoli, certe guaine, Romualdo provava uno struggimento, e insieme uno sconvolgimento che lo portava fuori di sé. - Beatrice, verso mattina, s'era addormentata. Soltanto quando, a un certo momento, aveva arrovesciato il capo sul guanciale come una che sviene, intorno avevano avuto la coscienza di non aver già prima pensato a trasportare di là la cullina della bimba che stril– lava cli modo che la madre potesse riposare. Affranta, sfinita, Bea– tric~ -s'era addormentata. E all'aspetto pareva l'immagine della placidità. Romualdo, roso dal suo rovello, non si càpacitava che fosse possibile, a una mamma, dormire e così tranquillamente quando la sua bambina, che pur toccava a lei a sfamare, strillaYa perché aveva fame. Ohe donna aveva sposato! Ohe amara rivela– zione! Egli non aveva chiuso occhio da quarantott'ore; ma finché la bimba non avesse avuto alimento, come sarebbe mai stato possi– bile a lui di dormire? Dormire? }la nulla: non gli sarebbe stato BibliotecaGino Bianco

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