Pègaso - anno III - n. 11 - novembre 1931

\... Villa Beatrice 583 Ma la signora Iginia le aveva sbarrato il passo. - Cosa vorrebbe fare ? Ohe idea avrebbe ? •Salir su a veder la bambina? Lei è matta. Non ci mancherebbe altro! Una che à ancora l'influenza addosso, che s'è levata ora dal letto .... Ma, via! Mi fa meraviglia che lei, essendo com'è, non ci abbia pensato da sé. Venir qui a portar tutti i microbi.. .. Un bel regalo! Maurilla rimase colpita in pieno. Diventò rossa, poi bianca: si passò una mano sulla fronte: « Oh Dio! cos'ò fatto!>>. Le pa– reva di sentirsi davvero addosso un brulichìo quasi che fosse il brulicare dei microbi. Si strinse lo scialle addosso, si premé il fazzoletto alla bocca : uscì in punta di piedi, senza, respirare, cer– cando d'esser leggera, di passare fra.atomo e atomo: un lembo dello scialle sfiorò un mobile: ella ritirò il lembo e guardò l'angolo del mobile sfiorato, con uno sguardo pieno d'apprensione. La signora Iginia la seguiva, pentita d'aver parlato in modo da ferirla così nel punte;>che pure ella sapeva tanto suscettibile. Quando furono fuori, Maurilla : - Questa non me la perdonerò mai. Ma non avrò mica, è vero .... non avrò mica di già ... ? - Macché! Noi altre, si sa, esageriamo sempre. Maurilla aveva rifatto il colore. - Dunque mi rassicura? Lo vede: anche quando crediamo d'es– serlo meno, siam sempre egoisti. Ma io ero venuta, lei lo crederà .... - C'è bisogno che lei lo dica? Lo so. Maurilla respirava più liberamente, nei limiti della costipazione che ora, al sole, rifermenta,a. Starnutì due o tre volte : - Credevo d'esser guarita .... e invece .... A ragione .... ero peri- colosa. E quanto dovrò stare? ... Se sapesse che penitenza è per me.... A un tratto cambiò tono, le si illuminarono gli occhi, la voce acquistò una tenerezza armoniosa: - È proprio dimolto piccina ? - Uno scrìcciolo. - Vivrà? :_ Diamine !. Maurilla si pentì d'aver dubitato: lei; dubitato, lei, della forza della vita; di non aver avuto, lei, fede : Dio è nella vita. «Cara>> - diceva dentro cli sé - «cara)>, come se fosse una creatura sua. Salutò la signora Iginia, s'avviò verso il cancello. A un tratto si fermò. La signora I~inia era bell'e rientrata in casa. Nessuno fuori. Ella conosceva la :finestra della camera matrimoniale : la cullina della bimba doveva esser lì, accanto al letto, dalla parte della madre. Alzò gli occhi a quella finestra. E tese l'orecchio. Nel parco ciangottavano degli uccellini. Tornò sui suoi passi, indirizzandosi verso l'usciolino della ser– vitù. Suonò. Venne a aprire la Raffaella. BibliotecaGino Bianco

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