Pègaso - anno III - n. 11 - novembre 1931
Poveri 573 zonandolo con parole sudicie, trattandolo da bimbo buono a nulla, che ha paura d'accostarsi a una donna. Generalmente coi ragazzi è un buon mezzo. Ma gli occhi del biondino la fissano sempre, còn quella smorfia di sorriso. Sembrano davvero gli occhi un po' in– cantati dei ragazzi che da soli, in silenzio, tormentano i gatti, prendendoli a bersaglio col :flobert, dopo averli legati. La donna s'accorge che s'è tutta coperta di sudore. Ammutolisce, un po' spa– ventata, temendo di doversi sentire proprio .male, di doversi met– tere a· piangere. Per rianimarsi pensa tumultuosamente che sia ·effetto del caldo soffocante o del liquore. Sente ehè i suoi straccetti di seta lÒgora le si sono pr·oprio incollati al corpo, la legano. In– capace di muoversi vede accostarsi la faccia di lui, pallida, ora, con qualche cosa di convulso, quasi l'estenuazione lasciata dall'afa implacabile della giornata. Sente la mano, leggera, che rip,rende a sianciare i bottoncini, fissa quella fronte madida, pensa che po– trebbe, ecco, prendere con una mano la caraffa pesante di cristallo del tavolo, batterla lì sulla tempia in quel punto che luccica. Le sembra di vederlo, il cadavere, solo, sotto le lampade, col sangue che seguita a colare a colare, dilatandosi, nero, sul parquet, mentre le portiere ondeggiano leggermente all'alito della porta, lasciata .aperta. Si sente proprio male. Respingendo l'uomo con un gemito, si ritrae. Lui la segue; l'afferra per lo scollo della blusa; straccia giù con un colpo. Un rumore empie le quattro pareti. La donna stessa, dopo avere scagliato la caraffa, resta lì un attimo, quasi meravigliata, come se la sua mano avesse agito per suo conto. - Sei ubriaca ? Con un mugolio la donna, seminudl'!i, prende un altro vaso, sca– glia anche questo al muro. Comincia a balbettare che ha schifo. Ohe vuole andare ad uccidersi. Ohe gliene importa, del parquet, dei tappeti? Tò, tò, ci sputa. Col dito teso verso le fotografie, prende a inventarsi confuse bugie, dice che lo conosce, chi è suo padre: un depravato; lei lo può dire. Anche sua madre conosce, va negli alberghi con gli uomini. Ah che schifo ! Ohe schifo ! Ora si torce le mani, comincia a singhiozzare, perché è disgra– ziata, non ha buona salute, no, e sopratutto perché domani a casa dovrà lavarsi le ca,lze infangate nel catino. Poi, come ricordandosi improvvisamente di qualche cosa, comincia a dire con struggimento che un giorno .... un giorno .... un giorno .... Ma ha già dimenticato quel che·voleva dire: guarda insospettita il ragazzo, che ora non le bada più, ha un'espressione strana, distratta, triste, come se ascol– tasse qualche altra cosa. Ammutolisce anche lei. Si se~te, forse dalla gronda, il cip cip d'un uccelletto. Un .barlume biancastro riga l'imposta. ·Bibi1otecaGino Bianco
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