Pègaso - anno III - n. 11 - novembre 1931
Parcenévoli 54 7 Questo di mondare e preparare il pesce a dovere era un regalo che Palon faceva ai clienti, e perciò le serve gli volevano bene e gli avrebbero dato un bacio per premio. Aveva i suoi strumenti con sé, un coltelluccio, una piccola sega, un paio di forbici, e con quelli manovrava a purgare i pesci più complicati, detti anche bestie feroci, di branche, pinne, corazze, ossicini, cartilagini, g:iri di li– sche, e ne uscivan fuori brandelli di carne esangue come il vitello. La Barabina sapeva che nelle case che conosceva meglio Palon an– dava difilato in cucina. Palon ! Palon ! Palon ! Tutti gli facevano festa, _era davvero un gran Paolone. I signori gli promettevano sempre di costringerlo un giorno o l'altro a sedere a mensa con gli ospiti, non foss'altro per mostrare agli ospiti come è fatto un par– cenévolo di quelli con le catene d'oro o come mangia il pesce un mercante di pesce, ma non lo invitavano mai e gli davano appena da berè. Lui beveva alla salute e diceva invariabilmente posando il bic– chiere col rimasuglio della « creanza )) : - Mi dirà poi se non è come la carne di vitello. - Perché la carne di vitello è la misura della squisitezza e della delicatezza, nei paesi di mare, anche del pesce. Palon insomma s'era fatto così ben volere dai signori delle man– giate che gli amici parevan loro e non gli urloni del suo stesso me– stiere ch'erano fatalmente i suoi pari. La donna taceva e non en– trava· in queste faccende, ma sapeva bene che una «firma)), dopo uno di questi brodetti, il suo Palon la trovava. (Che è una firma? Un semplice scarabocchio. Ma senza quelle non ci sono cambiali e senza cambiali neppure il pesce viene alla rete). Ammirava la Ba– rabina il modo come Palon teneva la penna. La teneva, anzi la impugnava, come se avesse scritto tutta la vita; col lapis poi aveva una confidenza anche maggiore. Quella s'era messa in mente che Palon avesse una bella calligrafia e che le sue parole fossero fatte anche meglio dei numeri! Come non ammirarlo quando, la sera, seduto al tavolo del tinello, diceva di « sbrigare la corrispondenza)) scrivendo abbastanza in fretta su uno di quei grandi fogli intestati con tanto di «commerciante)) e di « fu Egisto )) ? Poi c'erano i te– legrammi, e Palon scriveva molto più riposatamente sui moduli azzurrini e non finiva di contar le parole che costano un tanto l'una, quasi quasi come le uova. I telegrammi sbigottivano la Ba– rabina; quando erano gialli più di quando erano azzurri; quando arrivavano più di quando partivano. Non·era così stupida da non capire che il foglietto giallo piegato diceva press'a poco così: « Spe– dite sùbito cèfali anguille)) oppure : « Sospendete partita sogliole)), mentre nelle altre case il linguaggio è molto diverso : << Mamma ao-gravatissima, vieni sùbito )). Questo hanno di buono le donne dei p~scivendoli; che non han paura dei telegrammi; non credono esse che il telegrafo sia l'alleato della morte, essendo questa per solito ignoranza della gente istruita. BibliotecaGino Bianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy