Pègaso - anno III - n. 11 - novembre 1931

Parcenévoli 545 lui fra « quelli del solino>> e aJlora le veniva fatto di pensare al primo cassetto del comò «impellicciato» e a quella scatola bianca ove di colletti ne aveva anche lui quattro o cinque : tutti insaldati. Non le pareva possibile d'essere la compagna, oltre che la serva, d'uno così, che possiede una scatola bianca come quella. Colletto duro! Ohe lusso! Palon se lo metteva tre o quattro volte l'anno. Quando andava a Bologna. Quando moriva qualcuno. (Quando muore qualcuno, c'è il funerale, e al funerale si va ben vestiti o non si va. E agli sposalizi è lo stesso.) Bell'uomo diventava Palon ed era più distinto e quasi più alto quando moriva qualcuno. Lei che non si curava di nulla e non aveva niente di bello (tutti stracci) si .rimpicciniva a tanta maestà, sarebbe caduta in ginocchio come quando gli allacciava le scarpe, per vederlo grande dal basso. Figu– rarsi se avrebbe osato chiedere ciò che una compagna chiama gene– ricamente «attenzioni»! Una sorpresa, un regalo! Doveva ramma– ricarsi che lui non le avesse mai dato uno spillo? Ecco .... Una volta era tornato dalla città vicina con un fazzoletto di seta, assicuran– dola che era proprio per lei. Un fazzoletto di seta? Le mani ruvide accarezzarono quasi raspando quella strana stoffa leggera, lucida, che dava un senso antipatico, come d'un contatto che repugni, e mormorò la strana parola : « Seta .... seta .... » come se ne soffrisse. Ah no! Niente seta. Ripiegò il fazzoletto e lo nascose in un cassetto di lui, fra oggetti di lui, dov'era la scatola dei colletti, come se lo restituisse al compagno che delle cose fini era più degno. Lo trattava come s'egli fosse nobile, di gusti delicatissimi, dac– ché s'era abituata a vestirlo, allacciargli le scarpe, fargli la barba, tagliargli ogni mese i capelli. La casa era lustra come uno specchio perché meritasse il padrone ; ovunque erano fiori di carta, penne di pavone, palme finte, tutte cose che onoravano lui, quasi lo rive– rivano, gli facevano inchino come flabelli. Questo odor di pulizia e mele cotogne era per lui che pure, da pescivendolo, continuava a puzzare di pesce. Finite le faccende, la Barabina si ritirava in cu– cina, ben sapendo di non esser degna né del fazzoletto di seta né di quell'altre stanze che aveva lucidato come altrettanti altari, per lui, e quando lui entrava sul tardi e le portava il pesce per cena lei si chinava da automa, gli toglieva di mano il canestro come temesse che si fosse sporcato le mani, giacché non le passava neppur per la testa che fossero mani di pescivendolo anzi che manine gen– tili. Una volta Palon, in silenzio, si mise a sbuzzare un pesce nuovo, più grosso, e la Bara.bina, in silenzio, stupì : e q_uas~le venne da ridere, perché questa era una di quelle cose che s1 chiamano gene– ricamente «attenzioni». Non c'era nulla che le spiacesse, non si rammaricava ch'egli non avesse una cosa da dirle. Talvolta, dopo mangiato, mentre quello fumava e seguiva il suo fumo, gli veniva fatto di guardare 35. - Pb}IJ,IJO. BibJ oteca Gìno Bianco

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