Pègaso - anno III - n. 11 - novembre 1931

514 L. Pescetti Ottaviano 'rargioni Tozzetti era nato a· Mercatale di Vernio (dove il padre era podestà,) il 23 aprile 1833, di faimiglia fiorentina, insigne per tradizioni letterarie e scientifiche,. Fin dalla prima giovinezza si era rivelato un elegantissimo parlatore; e il padre suo, magistrato, ne volle fare, come il fratello maggiore Carlo, un uomo di legge. E quindi, dopo i primi passi nelle, scuole di Firenze e di Pisa, Ottaviano studiò giuri– sprudenza nèll' Ateneo pisano. Termina.ti gli studi giuridici a Siena, - ove si era poi ridotto per ragioni politiche e dove si incontrò con Giuseppe Bandi, che fu uno de' più intimi di Garibaldi, ferito a Cala– tafimi, storico dei Mille, - volle iniziare, la sua vita forense nel Tri– buna,le fiorentino. È un episodio, questo che narro, che il Targioni Toz– zetti amava ricordare spesso, negli anni della ben salda maturità, com– piacendosene come di una svolta decisiva nel corso della sua vita. Il Presidente e gli altri magistrati, prima che s'aprisse il dibattimento, si complimentarono col figlio del loro, collega, augurandogli di seguire il lun,1inoso cammino che il padre e il fratello brillantemente percorre– vano. Per prima causa, Ottaviano Targioni Tozzetti aveva da difendere un ladro matricolato ; ed ·egli, con grandissimo impegno, sostenne l'in– nocenza dell'accusato e finì la sua eloquente orazione fra il plauso del pubblico. Il rappresentante la legge chiese tre anni di carcere per il 1adro ; e il Tribunale gliene, assegnò cinque. Deponendo la to,ga novis– sima, all'usciere che si congratulava con lui, il' g'iovane avvocato disse : « È inutile che tu ti congratuli. Guardami bene, perché non mi vedrai mai più>>. E mantenne la parola, dedicandosi tutto alle lettere, che costituivano la più forte inclinazione dell'animo suo. Innamoratosi anche lui del Giordani e del Leopardi, e pieno d'odio quasi feroce per il romanticismo e per quanto fosse, nella letteratura, · troppo moderno e straniero, si strinse in fraterno legame con gli altri « amici pedanti))' i quali, ben presto, da molti che •erano, si ridussero a quattro soltanto : j.l Carducci, Giu~ppe Chiarini, Giuseppe Torquato Gargani e Ottaviano Targioni Tozzetti 1 ). Oltre l'ardore polemico, - il qua1e però era in lui contemperato da una più signorile e raffinata urba– nità di modi, - ebbe in comune con gli altri « amici pedanti>> il gusto e l'attività e la, cura zelante nella ricevca e nella illustrazione di opere dei primi secoli, traendo materiale prezioso specialmente dalla Biblio– teca Riccardiana, dove l'attrae,va forse l'affetto e l'ammirazione conce– pita e da lui serbata sempre vivissima per Vincenz.io Nannucci. Ma del– l'opera sua diremo più in qua. Leggiamo intanto alcune delle lettere, che Giosue scrisse all'amico fiorentino. La prima lettera, è in data 5 maggio 1855. Ormai l'anno aocademico volgeva alla fine, e Giosue pregustava la pace agreste di Piancastagnajo, ove suo padre era medico condotto. 1 ) Intorno agli « amici pedanti >> c'è ormai tutta una letteratura. Si veda u vecchio, ma sempre utilissimo discorso di ORAZIO BAccr, G. a. e gli Amici Pedanti, nel volu,me La Toscana alla fine del Granducato, Firenze, Barbèra, 1909; e il rece~te lavoro di ALFREDO GALLETTI, L'opera di Giosue OardibOoi, Bologna, Zani– chelh, 1930, capp. IV, V, VI. BibliotecaGino Bianco

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