Pègaso - anno III - n. 11 - novembre 1931
630 Verdi intimo passati più di quarant'anni, il senatore Giberto AITivabene _ha per– messo la-pubblicazione integra-le di 165 lettere di quel ca-rtegg10, com– prese fra gli anni 1861 e 1886. L' Alberti che ne ha curato l'edizione ha fatto opera più che amorevole e saggia, sia corredando di sobrie oppor– tune note questo o quel passo e riproducendo larghi frammenti di critiche e cronache giornalistiche del temrpo (fra _lealtre; del Filippi e del mar– chese D'Arcais, i due pontefici della critica musicale d'allora), sia in– tegrando quelle di Verdi a Opprandino con 65 lettere di quest'ultimo al Maestro comunicategli dai nipoti di Verdi, i Signori Carrara di. Bus– seto, le quali tuttavia, costituiscono soltanto una parte di quelle esistenti a .Saut' Agata .. Numerose sono, nel carteggio con l' Arrivabene, le impressioni su opere e operisti contemporanei, e non tutte lusinghiere: « Non dirmi maldicente, - scriveva,"- dico sinceramente la mia opinione a un amico col quale non voglio fa.re ipocrisia .... >>.DE-cisamente ostile al prevalere del simfonismo nell'opera, cioè ·-a quella ch'egli stima-va costituire una rinuncia, un'abdicazione del carattere italiano dinanzi alla dottrina te– desca, non tanto si oppone a yVagner quanto ai seguaci e banditori in Italia di una musica ch'egli chiama, secondo la consuetudine di tutti i tempi, « musica dell'avvenire>>. Allorquando nel 1885 Giovanni Sgambati richiama su di sé l'attenzione e fa sorgere, con le sue due sinfonie e rol quartetto in re 'niinore, la fallace speranza di una rinascita s,inforiica italiana, Verdi scrive: « Ho sentito del successo della nuova sinfonia - di Sgambati, e del mezzo fiasco della Teodora. Non mi sorprende né l'uno né l'altro: e tu non andare in collera se Sgambati sparla di Rossini, di Bellini, cli Donizetti e più ragionevolm~nte di me. Ciò non vuol dir nulla. Vuol dire soltanto che la sua stradà •è div-ersa, dalla nostra. Poco male, poco male!))' ribattendo a mo' d,-esempio il notissimo proclama di na– zionalismo musicale contenuto nella lettera del 30 marzo 1879, dove, rammaricandosi del pul-lulare di -società per la musica strumentai~, auspica la fondazione di « un quartetto di voci per eseguire Palestrina, i suoi contemporanei, Marcello, ecc. ecc.>>. Ma, senza dar troppo peso a questo richiamo a forme e modi musicali di cui non riusciamo a scorgere le influenze sull'opera di lui e che ci ha un po' l'aria di un'invocazione retorica, quel che appare evidente è la distinzione che Verdi istituiva recisa fra l'opera teatrale, in cui il compito principale è affidato alle voci; e la pagina sinfonica. Dopo le Viili,di Puccini (1884), in cui gli han detto che predomina l'elemento sinfoniéo, scrive che occorr,e andar cauti - in questa tendenza.: « L'opera è l'opera: la sinfonia è la sinfonia, e non credo che in un'opera sia bello fare uno squarcio sinfonico, pel solo pia- · cere di far ballare l'orchestra>>. Questo è il nucleo fondamentale attorno al quale si polarizza la sua estetica melodrammatica, il concetto base che gli sarà sempre di guida nell'operare e nel giudicare. Dopo aver ascoltato la ouverture del Tannhiiitser a Parigi, usciva in un'esclamazione che sarebbe difficile giustificare, se non come una ritorsione, - sugge– risce il Luzio, - contro i giudizi sfavorevoli alf'opera verdiana espressi dal Liszt e cla altri wagneristi artabbiati; e l'amico Opprandino (il quale, non si dimentichi, era uno dei più importanti collaboratori, una delle« colonne>>del giornale L'Opinione, nel qua1e scriveva per l'appunto BibliotecqGino Bianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy