Pègaso - anno III - n. 11 - novembre 1931

Verdi in timo 629 legato d'amicizia, al Maestro, più egli l'ama e Io stima, più le lettere son saporose ,ed efficaci: Verdi s'abbandona alla gioia di poter dire quel che pensa, senza timore d'esser tra.dito o mal compreso: e la lettera finis~e per essere uno sfogo, talora necessario, al malumore o all'inquie– tudine. Conversa,IJ,docon l'amico vero, che ti conosce da tanti anni non hai bisogno di rac.contar tutto per filo e per segn·o: basta una frase: una parola, un'esclamaq;ione, alcuni punti di sospensione, e l'amico già ti ha compreso. Si stabilisce pertanto una così intima comunione spiri– tuale, che di un'tdea, di un giudizio non si saprebbe più dire se sia nato prima nella mente di uno o dell'altro e qual sia il contributo d'approfondimento a,pportato da, una parte o dall'altra. È questo per l'appunto il caso nostro. Il conte Opprandino Arriva– bene, di nobile famiglia di Mantova, aveva avuto rapporti con Verdi sin dal 1845, allorché av,eva cercato, nella Gazzetta Mus-ioale di Mi– lano, di giustificare e difendere l'opera, Alzira accolta con sfavore dal pubblico napoletano; s'era ,poi legato con lui di stretta amicizia .ll teffilpO in cui il Maestro sedeva, come deputato al Palazzo Carignano di T'orino. Giornalis.ta militante, patriotta fervido ,(il patriottismo era ed è tuttora tradizionale in Casa Arrivabene), iD,gegno aperto ad ogni manifestazione dello spirito, era divenuto, come scrive il Luzio, « il Men– to·re ,prezioso per il musicista, un po' disorientato nei meandri della politica, sipecialmente dopo la disparsa della sua stella polare, Cavour». Ma poco a poco, avendo Verdi conosciuto per (lsperienza le doti d'intelli– _g·enzae di serietà dell'amico mantovano, dalla politica s'era passati al– l'arte ed alla musica in modo speciale, di cui l' Arrivabene era fine intenditore: « Il Verdi, - scrive ancora l'eminente storico nostro, - si– curo dell'obbiettività e spassionatezza dell'amico, voleva esser raggua– gliato da lui sul vero successo degli spettacoli, a cui s'interessavi!-': desiderando quelle relazioni sincere, che ahimè non è sempre dato de– sumere dal linguaggio, pieno d'eufemismi, di reticenze o di pa,rzialità della stampa». Ma sicuro, giova aggiungere, sopratutto della discre– zione dell'amico, che mai avrebbe dato in pasto alla pubblica curiosità, per alcun motivo,. le confidenze di lui: se avesse pensato le sue lettere rese pubbliche un giorno, sarebbe a,ndato su tutte le furie, come si può a,rguir-e, fra l'altro, dal suo scatto di collera allorquando il Florimo aveva dato alle stampe, nel 1880, una raccolta di lettere del suo amico Yincenzo Bellini (e Dio gli perdoni tutto quello che tolse o corresse in quelle povere lettere per riuscire ad una figura del maestro catanese colorita romanticamente, e idealizzata sino all'edificazione!) : << Ma che necessità v'è d'andar a tirar fuori delle lettere di un maestro di mu– sica? .... Non basta che lo fischino per le note? No signore. Anche le • lettere !... i>. L' Arrivabene rispettò in vita la volontà del suo illustre amico e morendo, nel 1887, impose agli eredi che le lettere a lui dirette da Verdi non fossero pubblicate o consultate se non trascorsi vent'anni dalla, sua morte. Com'€ noto, tuttavia, buona parte di esse, anzi si può dire la quasi totalità .di quelle significative, fu pubblicata nella Lettura o nel Corriere della Sera prima del termine; ma Verdi era morto e d'altra, . parte l'uso che ne fece il Luzio fu quanto mai di_scr,eto. Oggi che son

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