Pègaso - anno III - n. 11 - novembre 1931
624 F. Flora / I Il pa.diglione della Guiana le cui materie so dalla ~,uida esser cedri grigi, rossi, amal'anto, legno di roisa, ebano: e le vetrirt,e :eontener l'oro, mi rii<;hiama giuochi d'infanzia: ce\l'te casette nd aJ1golo acuto con .,ml tetto la paglia spiovente che gira tutto intorno., solo interrotta, a un punto dal maestoso ingresso, al quale si accede per comodi e so1enni gradini. Ci sono ai lati due sventolanti bandiere. Penso al pepe di Caienna, al rhum, ai fiumi pericolosi ed alle perigliose fores·te senza commuovermi a.ffatto. · Ora volgiamo alle isole del Pacifico, misteriose isole della madreperla, della vainiglia, delle perle, con le loro stirpi antichissime. Questa casa. fatta col tronco del cocco, con le canne, e i bambù, coperta con foglie di pandano intreociate, non la conoscevamo forse dai libri di Pierre Loti ? Se vi attentate a dirlo, vi pare cli averla anche vista in qualche tela di Gauguin, sebbene temiate che questo ricordo sia stato suggerito dalle vaghe parole scritte nella guièla, s11Uaispirazione che da quei paesi tra,sse il grande pittore. Ed ecco che questa cara figur.a di ere.ola della Réunion mi -costringe .anè6ra a leggere )a guida, e mi fa apprendere, non senza piacere, che in quei luoghi è nato, tra gli altri, Leconte de Lisle. E conosco che questa è una mezza isola dell'oro, dove si lavora poco ,e si produce molto, e il tempo che rimane si dà ai cari ozi del– l'anima e, del corpo. Una società modello, insomma, -che al suo pos_to fa lavorare l'acqua delle montagne mutata in elettricità, sicchè produca luce, forza motrice, culture. E so poi che nelle case e nei pagliai della Nuova Calidonia, i cui foticci giganti, brutti di cuore, mi fan pensare giganti veri dalle orribili facce fa.sciati come i nostri bambini, la g·ente vive secondo natura ed è felice. Secondo natura! o che vuol dire ? È. meglio non affrontare la risposta, chè il viaggio diventerebbe eterno. Ma ecco; a contrasto con queste architetture che rifanno lussuosa-· .1 mente le povere case indigene, il maggior padiglione del Portogallo, tra· fortezza e palazzo, vuol essere magnifico e ri,cco. Sembra uno scenario fatto alla brava, prima che le luci della cupola Fortuny venissero in soccorso degli scenografi : e hai paura che il vento e magari il rumor~ dell'Esposizione debbano' far muovere le quinte con quello ,stes·so moto di pendolo che han sulla scena i burattini quando vog-Iiono atteggiarsi a gente che si regge benissimo sullè proprie gambe. Qui il Portogallo, e mi guardo bene dal mancar cli rispetto al popolo dei gran,dissimi navi– gatori, bravegg·ia come in un melodraùnna,: e mi par che dalla porta maggiore sia sul punto di uscire il tenore che farà gorgheggi da -smagar tutti. Uomini ancheggiano come spagnuoli della Carmen. « Regnava un re de, Spag·na portoghese ». E. insomma non ci sarebbe da meravi– gliarsi se da, questo padiglione, per tutta c0lpa o merito della mia fantasia che ama certe m~scele, venisse fuori a cavant lo spagnuolo Don ' Chisciotte e abbattesse, per· prima cosa, questo castello. Poi, andando in giro, avrebbe veramente un paesaggio da giustificare tutte le sue imprese. L'idea di un poema come quello di Cervantés par naturale in una esposizione come questa che mescola gli spazi e i co.stumi: soprat-J tutto i tempi. Se il Portoga.Jlo braveggia al moclo che ho detto, la- Danimarca ha - \ BibliotecaGino Bianco
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