Pègaso - anno III - n. 11 - novembre 1931
622 ]!'. Flora più alta casta quando riceve l'inferiore, al teatro della Cocincina coi suoi uomini dalle lunghe barbe di idoli e dalle donne color vinaccia; dal « Dinh >> del Tonchino i cui uomini han facce di legno giallo, qua levigato là matto, al padiglione del Cambogia. Qui tetti acuti, con u~ rettangolo giallo chiuso tutto intorno da una striscia ve11de: sulle cm e.ime e spigoli son fitti aculei. che, a piacere di chi meglio vede, sembrano corni o zanne di elefanti o proboscidi. Penso certi vistosi panchetti na– poletani a Piedigrotta, sui quali si vendono maruzze in forbitissimo rame: e hanno tutti 1- epiù chias sose gale di carta velina colorata, sa– pientemente disposte a forma.re un'architettura appetitosa. Dentro, con figure di cera-, è ricostruita una cerim~nia religiosa: inchini, mani giunte : facce a terra. L'idolo dorato spicca nel fondo turchino. Ai due lati stanno estatici i bonzi accoccolati. Odor d'incenso. Canti rituali molli, lattiginosi. Ma ecco, qui, vestite con stoffe ove _s'in– tenerisce il chiaro di luna e il fiore del pesco, le danzatr:iici di Cambogia dicono con misteriosi gesti le lor mute canzoni. Altre, le Apsaras, come sacerdotesse lucenti d'oro e d'argento, medita no le (lanze che faranno: quelle che noi vedemmo sugli sclie,rmi e nelle ·sa.le di varietà. Uscendo; odo presso il padiglione di Laos, certi canti lagno,sissimi, e il flauto che s i chiam a « khène >> e di-cono evochi la- foresta. E mi pare che i cantanti sia.no stanchi e ingrognati, e qualcuno dica: ma come può piacere questa canti lena che a noi non piace e che regaleremmo senza rimpianto? Nel padiglione clell'Annam c'è un non so che di funebre e di mum·– mificato. Un imperatore sul trono: una vetrina con le vesti che egli ebbe dai colori della luna del sole e della. rosa. Candele. Giunge di fuori il suono di una banda i cui suonatori dai cappelli a fungo e certi trom– bon,i ormai remoti>ssimi anche nei nostri villaggi, avevo intravisto : è la banda deUa guardia annamita.. Presso questo popolo che ha un feroce passato, è stata istituita nel 1924 una scuola d'arte. Si asp,etta che, per suo mezzo, avendo sotto gli occhi i migliori esempi dell'antica arte annamita (scelti a quel che pare da francesi!) pittori e s-cultori annamiti ritrovino l'estro della loro antica tradizione,. Ma, il mondo corre troppo e troppo si mescola oggi, perchè una simile iniziativa, fuori degli scopi commerciali, abbia ragion d'essere. Perché gli anna– miti dovrebbero essere tradizionalisti nell'arte e accogliere poi nella politica, la lezione francese? Infine a mfélpare che l'istituto d'arte an– namita abbia un valore simile a quello che in Italia avrebbe un istituto che volesse riportar l'a,rte nostra al tempo preromano. Ora bisognerebbe, - ad esser,e appena rin poco più devoti di me, - invocare il buon Apollo e le, ,sante Muse, perché siamo giunti all'opera più grandiosa dell'Esposizione, al tempio cli Angkor, riprodotto qui i.n ogni piega e filo. Dicono sia il più vasto monumento religioso che esista al mondo, ed io non ho a.ltre ragioni per non crederlo, se non l'idea che io ho della diYina proporzione che è cosa tutta ideale, e che qui mi fa sembrare trita e in fondo angusta la decantata, vastità. Cinque immensi obici, iii mezzo il maggiore, o forse cinque spettacolose tiare, lavorate tutto iµtorno verticalmente e orizzontalmente con minuti rilievi, volgono l'apice al cielo: e innanzi gradinate fitte ip.terminabili che salgono alle BibliotecaGino Bianco
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