Pègaso - anno III - n. 11 - novembre 1931
L'esposizione coloniale di Parigi 621 ingrandite. Cimiteri per corazzieri, va bene? Le lor graziette e smor,Jìe sono insoffribili. . Vedo che questi uomini e donne malesi, dal colore di chiaro bronzo (gli Hovas), campioni della razza che abita l'a.ltopiano del Madagascar camminano qui disinvolti come a casa loro. Ma e'è una donna seduta'. che, ,senza farle torto, sembra una campana, una vera campana ùa suonare. E un ometto viene a solletica,rla in una specie di carezza per la quale la_donna apre un'ampia graffa sulla robusta chiostra dei denti, poi ride a rovescio come se facesse entrare nel suo ventre la matta ri– sa,ta. Ho udito oerti canti rochi che non mi hanno commosso : forse perché pensavo di aver letto che i coccodrilli a,bbondano nel Madaga– scar, e il canto mi faceva pensa.re alle lagrime di questa bestia dalla bocca enorme, lucertolone di ce,ralacca viva, peccatore sempre in la– grime e sempre ripronto a mangiarsi a,nche il ,confessore. Innanzi al padiglione della Costa ,Somala, che rappresenta. la mo– schea di Gibuti eù ha un suo minar,eto domestico e non troppo alto, cinto da due balconate, a veder due bellissime negre (salvo il naso un po? largo) penso che due statue di bronzo riproducenti la Venere di Milo si siano animate e dalle fonderie vàdano ora per il mondo; ché 1a, fortuna della cosiddetta bellezza negra presso di noi fu preparata dalla scultura in bronzo. Ma è tempo di muovere verso l'India, ove intanto ci richiamano questi elefanti di cemento, magnifici e stupidi. E sarà il caso di parlare qui, innanzi tutto, del padiglione ola,ndese, quale io lo vidi, ed ora non è più, consumato dall'incendio 1 ). Il frontone della, gran porta richiamava un tempio di Bali, e ho nel ricordo le maschere, orrende da.lle barbe stilizzate e quelle strisce tutte incise di cerchietti un po' frregola.ri che rievocano i disegni cui, nei ba,rattoli di vetro, fanno con le acciughe i geometrici -s,alumieri. Le torri del padiglione, a ricordo deHo stile di Sumatra, erano come pa– gode sovrapposte, in modo che la sovrastante sia s,empre più piccola: in vetta stilizzato a piramide il monte simbolico del dio 1Siva. Quest'arte mi diverte; ma mi sfugge. Lo so: è colpa mia: non ho sapienza storica abbastanza per accoglierla o magari respingerla. Ma quanti la hanno? Mi ricordo l'esposizione d'arte giapponese a Roma, che mandava in visibilio tutte le care signore che ne capivano meno di noi. Il teatrò delle ma,schere e de11e marionette giavanesi, pupi di cuoio che solo un santo ha il diritto di toccare e far parlare, richiama grandi curiosità. Iò non lo intendo. Dalla corte del sultano di Giava son venuti un centinaio di danzatori e danzatrici, delle quali le vec.chie hanno dodici anni e le men giovani ,cinque. Ho in mente i suoni di rame, il flauto di bambù, il gol).g e il colpettìo minuto e sordo del « rebab ». Tutti i padiglioni dell'India francese han qualche cosa di attraente: testimonianze di una civiltà preziosa e gelosa : daHa, casa indù con la fiorita ve,randa, col suo letto di pietra sul quale si distende l'indù di 11 to banno poi ricostruito, un po· meno sontuoso. BibliotecaGino Bianco
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