Pègaso - anno III - n. 11 - novembre 1931
618 F. Flora errore. Il lago Daumesnil, io lo vidi altra Yolta specchiare il cielo e un verde tenero e infantile di alberi; tutto al più potevo immaginarlo po– polato di oche europee e di qualche, cigno : ora è diventato coloniale. Osservo giganteschi tronchi d'albero venuti dai paesi negri: e mi pareva dove,ssero esser appunto come l'ebano neri, e sono invece mogano e perfino chiari legni che io non conosco. Ed ecco il padiglione delle Missioni cattoliche: una chiesa e un campanile. Ne,ll'interno, in fondo, spicca nella vetrata un Cristo in abito orientale: e sotto la volta son le bandiere di tutti i popoli a lui sottomessi con la predicazione e col martirio•. Nella cripta sono raccolti terribili strumenti di tortura che straziarono i testimoni del Cristo. Onore a questi frati che in terre pagane hanno costruito collegi, scuole, e avviato il razionale lavoro umano nell'ag-ricoltura e nell'artigianato: onore a questi esploratori che con la tunica del frate e ìl casco del guerriero e talvolta l'aureola del santo recano la parola cristiana ai uegri, ai gialli, agli islamiti, ai buddisti, ai cannibali e traggono le cr,eature ferine allo stato degli uomini, nel nome cli Cristo. Evoco il palazzo De Propaganda Fide a Roma. Poi volgo l'occhio al padiglione delle missioni protestanti, anch'esse nobilissime; in ogni modo appaiono copie modeste delle missioni cattoliche. Il padiglione dell'Algeria sembra piuttosto un colossafo acquarello che una fabbrica rea,le, pur coi suoi muri, la torre, le cupole. Tutto bianco e come lunare, mi riporta insieme alle ca,se di Capri e all'inter– minabile deserto con le ca,rovane che paiono segni di scrittura su un foglio smisurato. E anche il padiglione sospettoso. del Marocco, col palazzo esagonale dal tetto verde e susurran,te, frugale ad un tempo e fastoso, come la sua gente, sembra un acquarello più che una fabbrica,. Accanto alla moschea Llegli uomini è il cipr,esso « mo,schea degli uccelli». E le aperture della moschea degli uomini, rettangoli sormontati da un cerchio, ,sembrano elementari disegni di figure infantili, o bimbi in fasce. L'interno del padiglione è prezioso. Passano uomini col barracano ei l'infula, solenni come certi piccioni dalle zampine color vinaccia che vidi sotto la fon- tana in Piazza Saint-Sulpice. · Ma in Tunisia vedo il palazzo delle Mille e una Notte: e solo a dirlo sorge la fiabesca architettura di questo, edifizio. Mi vien voglia di sedere presso la .vasca marmor,ea, e al suono dello zampillo ripetermi qualcuna delle care novelle; ma qui non è lecito indugiare per gli innocenti ca– pricci. Vado a guardare i vivacissimi souks. Un incantatore di serpenti fa il suo charme : una donnetta scorbutica- indo·vina la ventura. Qui sono appesi caldai disegnati tutto intorno come tappeti. I grandi piatti d'ot– tone sui bassi sostegni o appoggiati ai muri sembrano in attesa di esser percossi per dar suono di gong. Artigiani assorti che paiono assenti dalla vita circostante, gridatori facinorosi e impudenti son dappertutto tra gioieUieri, ces-ellatori, ricamatori, tessitori di tappeti, fabbricanti di confetti e di profumi. Ra.gazze !'.;On occhi vivaci e appassiti fanno correre .sui telai le lor mani, più agili delle spole, tra fili rossi, violetti gial- lastri. ' BibliotecaGino Bianco
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