Pègaso - anno III - n. 11 - novembre 1931

8ettiinanali 615 telegramma, placidamente; ma se arriveranno dove mirano, oggi o tra mill'anni, tutta la vita nostra .sarà mutata e, ta.luno afferma, distrutta. Miracoli, diciamo per brevità noi ignoranti, che di fronte a loro siamo come i selvaggi quando per la prima volta vedono tra due punte elettriz– zate la scarica d'un fulmine addomesticato. A che servirà la scoperta ? Non se ne curano; l'importante è, un giorno, arrivarvi. E questo disin– teresse della vera scienza per la quale lo scienziato è soltanto l'anello d'una catena infinita e l'uìtimo anello, l'ultimo di milioni e miliardi, è pei credenti nella mano di Dio, m'affascina, mi stordisce e, mi soffoca. Og·ni volta che s'apre la porta a vetri entra il soffio dell'a,ria di fuori., tepida di sole. Domattina il convegno si chiude. Uno di questi ne rias– sumerà più chiaramente che potrà, i rhmltati. - Verrai? - Verrò, - ma qualcuno dentro me già m'avverte: - Non vi andrai. - All'angolo di via Torino mi fermo a contemplare la vetrina d'un fioraio come se per la prima volta in vita mia vedessi una rosa. Traduzione e mendicità. '25 ottobre. Leggo sul Lavoro Fasoista le prime risposte degli .editori italiani a un'inchiesta sulla diffusione del libro italiano all'estero, e in una lettera, cl' Arnoldo Mondadori, editore animosissimo, tra alcune buone proposte trovo questa che m'ha fatto, per dirla franca, pena ed ira. Tra i modi di favorire fuori d'Italia la traduzione e pubblicazione di libri nostri, Mondadori propone << l'acquisto di copie che incoraggino gli edi- . tori stranieri a tentare l'impresa». E chi dovrebbe comprarsele, queste traduzioni, francesi o russe, tedesche o cecoslovàcche, di libri italiani ? L'editore o l'autore, certo no. Lo Stato, immagino. Avremmo dunque una s.çelta governativa dei libri nostri, di scienza o di poesia, di narrazione o di storia,, da far trndurre e diffondere a spese nostre, cioè dei contri– buenti italiani ? Una specie di costoso imprimatitr in una data lingua straniera? O si tratta di libri di storia e di propaganda politica, e l'Ita– lia non ha bisogno di queste sovvenzioni al riluttante editore straniero perché libri su Benito Mussolinie sul Fascismo, quando sono ben fatti e ben scritti, hanno da loro un'immediata e vasta diffusione in ogni lingua, dal Duw di Margherita Sarfatti alla Tecnica del colpo di Stato di Cur– zio Mala.parte. O si tratta di libri, come si chiamano, di varia lettera– tura, e mi piacerebbe di conoscere quel vanesio d'un romanziere che, pur di rimira.rsi sotto copertina francese in una vetrina di Parigi o tedesca in una vetrina di Monaco, accetterebbe di sapersi acquistàto, invece che dai lettori francesi o tedeschi, dallo Stato italiano. Sarebbe come se lo Stato scendesse a donargli uno specchio a tre fac_ce perché egli, a spese nostre, potesse finalmente di fronte e di spalle vedere quanto l"ia bello. Voglio dire che di questa faocenda delle traduzioni noi italiani do– vremmo ormai smettere di parlare nei cosi detti consessi internazionali. Ho sotto gli occhi le relazioni lette nell'ultimo Congresso degli editori d'ogni paese, a Parigi, il giugno scorso. Proprio sul problema delle traduzioni, il relatore è un italiano, l'onorevole Franco Ciarlantini. BibliotecaGino Bianco

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