Pègaso - anno III - n. 11 - novembre 1931
Villa Beatrice - « Vieni a me, quando teco tu non abbia bene .... « Io, sono che traggo èoloro che sperano in me. << Sii longanime e forte: verrà la consolazione a suo tempo. << Aspettami, aspetta: verrò e ti curerò. 611 << Tentazione è quella.che ti travaglia e vano terrore quello che ti sgomenta. << Credi in me, e nella misericordia mia abbi fede. << Quando ti credi più lontano da me, spesso ti son più vicino)). Beatrice socchiuse gli occhi: sentiva questa vicinanza. Un affie- volimento del corpo come quando cadeva in deliquio da incinta; ma ora la coscienza di sé piena e più lucida, anzi, d'una lucidità incon– sueta, traverso cui intravedeva, ma indistinto ancora, confuso an– cora in una nebbia, un mondo informe d'àffetti. E un sentore di questi, vago, le percorreva le fibre, dandole intanto però una te– nerezza soavissima. << Quando ti credi più lontano da me, spesso ti son più vicino)). Proprio una voce, all'orecchio. E codesta voce essa la riconosceva. La riconosceva senz'averla sentita mai, ma avendo desiderato tante volte di sentirla. Era la_voce di Colui che orecchi mortali avevano udito chiamare: «Venite a me tutti voi che siete affaticati e aggra– vati: e io vi ristorerò)). Ella si sentiva a.vvolta da una presenza, da una vièinanza amorosa ed augusta, ineffabile. Vedeva una figura vestita di rossa veste inconsùtile, sotto il cielo di Galilea: e ora la stessa figura era sulla soglia, dietro a lei, della stanza : invisibile ; ed ella aspettava di udirne di nuovo la voce per ora rispondergli, anch'essa:· <<Signore!>>. Ma adagio adagio dalla sua mente la figura dileguò : ella apri gli occhi. L'urto della realtà. Posò il libriccino: andò alla :finestra. La vasca. Era ripresa, di già, nelle spire della tentazione. Tornò al tavolino, riprese nella paniera del lavòro il libro, lo riapri febbrilmente, ricercò la pagin"a : << Quando ti credi più lon– tano da me, spesso ti son più vicino». Ohe voleva dire ? Ohi par– lava ? << Quando tu credi quasi tutto perduto, allora spesso è il mo– mento del maggior guadagno>>. Quale guadagno? Le parole non significavan più nulla : vuote espressioni. Eppure dianzi dicevano: dianzi erano una cosa viva, un alimento_ vivo: pane di vita. E ora ciòttoli. Pane eran diventate le pietre e ora tornate pietre. Ella capiva, ora, il miracolo della conversione delle pietre in pane. Ma perché, appena toccato, quel pane, dalle sue mani, appena appressato alfa bocca, era tornato pietra? Perché ella veniva respinta- cosi e alla tortura s'aggiungeva anche la beffa? (Continua). BRUNO OICOGNANI. BibliotecaGino Bianco
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