Pègaso - anno III - n. 11 - novembre 1931
606 B. Oicognani spettacolo, nelle case, di tuth1 la gente persa intorno ai portenti d'un moccioso o d'una smorfiosa: tutti stare a bocca aperta spetta– tori delle prodez.ze - sempre le medesime - ; dover tutti far. le me– raviglie pei balbettamenti, pei dàddoli, per le mosse stupide, insulse. o insensatamente violente e distruggitrici di codesto istintivo vi-~ ziato: e a lei invece veniva un malessere, un disa:gio, una nausea, una vergogna di sé, della sua ragione offesa, della sua dignità fe– rita. Qualche cosa di simile sentiva dinnanzi all'invaisamento di tutti per Barberina. Ma poi s'accorgeva che in questo caso era in– giusta, cattiva. Nulla di dadcloloso, di manierato, d'artificiale nella bambina, spontanei in tutti l'ammirazione e l'amore per lei, tra– boccanti dalla veramente poetica grazia dei modi di lei,. dalla soa– vità commovente dell'anima sua. Ella sola, sua madre, non c'era che lei che non fosse attirata nel cerchio di quell'incanto. E se in quel momento le si presentava Barberina felice, accaldata, inebriata di qualche sua nuova amorosa scoperta del mondo, ella provava unà sodisfazione amara, una sodisfazione cattiva 'a raggelare quell'en- - tusiasmo divino . .Con nulla: un alzare delle sopracciglia, una piega a un angolo della bocca, un monosillabo, un gesto, il modo di rice– vere la cosa che le veniva offerta. Ella vedeva benisRimo il cuore di Barberina contrarsi, tutta la gioia dell' animuccia appassire: e ormai non c'era rimedio: non poteva più riparare. Avrebbe voluto, avrebbe dato la vita, per· riparare. Barberina se n'éra già andata, inrfelice, ora : a capo basso, le lacrime in pelle in pelle. E a Beatrice non· rimaneva che una, sterile disperazione. Alle scene poi di tenerezza t~a babbo e :figliola le era impossibile ormai addirittura di assistere. Appena Barberina saltava sulle gi- · nocchia paterne, essa lasciava la stanza. E quelli n'eran felici:, essa lo sapeva benissimo: la sua presenza impediva le loro espansioni. E lei sarebbe rimasta, proprio per codesto, se la sofferenza non fosse stata troppa: non ci resisteva. Sentiva quasi attraverso la sua persona, come attraverso un corpo ostacolante, penetrare e incro– ciarsi le due correnti del babbo verso la figliola, della figliola verso il babbo, incrociarsi e confondersi e rifluire liberamente attraverso a lei. E codesto passaggio attraveri;;o a lei, adagio adagio, le diven– tava intollerabile. ' Era gelosa p11re di Maur.illa. Maurilla, dopo la na,scita di Bar- herina, non aveva più sentito bisogno di far venire a turno i nipoti, d'andar lei da· loro: di rado, ogni tanto, proprio perché se no quelli senza più la zia ~illa non potevano vivere, faceva lei una scappata, o qualcheduno dei più grandicelli veniva ancora a passare __ dalla zia Milla una settimana. Una settimaJJa: non più. Ella era assorbita da Barberina: Barberina considerava lei come una per– sona indispensabile. Anche Barberina la chiamava « Zia Milla )), e BibliotecaGino Bianco
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