Pègaso - anno III - n. 10 - ottobre 1931
430 *** guardiano, smarrito, si ritira sùbito dietro la seconda porta, vetr~ta opaca di fiati. C'è nell'aria uno strano odore di fumo. Nell:oscur1tà rotta da qualche fanale le strade sembrano camminamenti, le case d'angolo macchiate di nero dalle finestre cieche sembrano spalti di fortificazioni. Non c'è un rumore di mac0hina o d'uomo. Cammi– niamo per sentire almeno lo scricchiolio molle della neve sotto la gomma. Andiamo innanzi senza parlare per paura delle nostre voci. Non riconosciamo più la vià del ritorno. La città ci pare ri– fabbricata nella notte. Giria~o a destra, giriamo a sinistra. Non un poliziotto, non un soldato, non un operaio, non una porta che si chiuda o che s'apra, non una finestra che brilli. Gli angoli délle strade sono netti e vi– trei come scalpellati nel ghiaccio. Vorremmo andare tenendoci per mano c0me gli uomini neri che si sgranavano sul bianco della Prospettiva. · Sfioriamo l'allucinazione.; pagliuzze di fuoco ci bruciano gli oc- chi come nella febbre: ' Il silenzio è divenuto assoluto e vero come la morte. Cerchiamo di uscirne camminando più rapidi con le mani che• dolgono, col fiato che si rapprende a ogni battito del cuore, con la disperazione del nuotatore preso in un gorgo. Harold sbatte forte i guanti sugli omeri incrociando le braccia. Ma smette subito, come se a quei colpi, divenuti un segnale misterioso e impensato, la città dovesse urlar tutta in una voce insanguinata invocante soccorso. Giriamo a, sinistra, giriamo a destra. Ora un lucore sporco senza origine allarga le strade, ingigantisce i palazzi, li alza come incubi. Forse non arriveremo mai, forse non usciremo più da questo groviglio di fabbricati neri. Pensiamo alla peste, a un esodo totale per una invasione favolosa di roditori, a un milione di morti im - provvise. Non arriveremo mai. Svoltiamo a destra, svoltiamo a sinistra. Non sappiamo dare un nome àlle strade, non sappiamo ritrovare un'insegna. ,Gli angoli sono netti e vitrei come scalpellati nel ghiaccio. Il silenzio diventa così intollerabile che invochiamo un orologio che batta l'ora. Se qualcuno è assassinato perché non grida ? perché la polizia non spara? Quando riconosciamo il Palazzo d'Inverno il cuore ci manca nel respiro di sollievo, la stanchezza ci paralizza. Le architetture effi– mere son divenute di porfido. Della piazza di Sant'lsacco ogni mo– tivo architettonico si disegna nudo, odioso, scolpito nel carbone. Una luce, due, tre all'Hòtel Astoria. Un ((isvoscik », il solo che esista stanotte, il solo superstite di un disastro senza limiti è rima– sto sulla porta: di ghiaccio lui e il cavallo. Lo costringiamo a muo– versi urlandogli nelle orecchie come forsennati, percuotendolo sul BibliotecaGino Bianco
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