Pègaso - anno III - n. 10 - ottobre 1931

f,a notte del 12 marzo 1917 1t Pietror1rai/o 429 dellà divisione selvaggia. Il principe Càribey padrone o quasi, egli dice, dei cosacchi del Don, che impreca e zoppica. Giorni fa bal– lando la «lisghinka» e scandendo il tempo a colpi di revolver, si trapaAsò un piede. La ferita sembrava una stimmata cristiana. - Che ne dite della Karsavina ? Balla meglio della vecchia Ce– lòlimicaja? Balla meglio, con poesia più umana ohe le viene dalln. belleZiZae dalla giovinezza. Ha marito e figli, ma Bruce, il primo ·seg-retario dell'Ambasciata Britannica, la vuol sposare e la sposerà, vedrete. Da due anni non manca mai una serata. Bello Bruce ? senza quel suo stupido amore avrebbe fatto ammattire tutte le donne . di Pietrogrado e di Mosca. Testa romana: quella eroica d{'l guer– rforo forìto nel Museo Capitolino. Qualche accenno agli avvenimenti. Protopopoff sembra un pro– fci-sore di filosofia con quef solini dritti e la rravattina nera. ,Ma– niera forte. Ma la musica irride. ~i lieve, si parla d'altro. Il Granduca Boris balla il tango. Intorno a h1i si fa il vuoto, egli si ferma, chiama due ufficiali ed ordina: - Ballate anche voi. - Il Granduca tiene molto alla sua fama di ballerino. La cintura che serra la sua tunica cosacca gli segna il ventre rotondo. È stanco, ha gli occhi gonfi, il viso grasso, un sorriso incollato sotto i baffetti a spazzola. Ballo con Olga Wladimirovna. Mi chiede mentre seguiamo il ritmo senza sentir]o: - Avete notizie? avremo una dittatura mi– litare ? - Poi ride forte : - E il vostro Costantino ? - È di là che trema, all'idea di incontrarvi, non lo spingete alla disperazione. - Je l'aime. Le sale si vuotano quasi di colpo. Il Granduca ci riunisce intorno a una tavola a bere cognac, bicchierino su bicchierino. È l'alba lu– rida di Pietrogrado. La musica stanca incespica nelle note alte. C'è nn odor forte di tabacco, di aragosta, di fiori morti. - Ohe ha mai questa musica? - urla il Granduca. - In Fran– cia non c'è più fime degna del nome; la migliore è tutta nelle cantine di Mosca. Rimangono intorno al Granduca i padroni di casa. Mi accorgo soltanto ora che la Principessa è grassottella hionda e ridente. Gli ufficiali d'ordinanza, i soliti tre adulatori. Scivolo via, ritrovo Ha,rold che si infila la pelliccia a stento, quasi barcolla. Siamo nella strada, respiriamo l'aria gelata, le pu– pille si dilatano, il fiato si addensa. Rimaniamo fermi dinanzi alla porta, atoni, senza più sapere perché ci troviamo lì a quell'ora. Ci accorgiamo che la nostra sorpresa viene dalla solitudine im– provvisa e paurosa che ci attira come un abisso. ~on c'è dinanzi alla casa né un'automobile né una s1itta. Il Biblioteca Gino Bianco

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