Pègaso - anno III - n. 10 - ottobre 1931
420 N. Tommaseo rosa d'antivenire i mali soprastanti, era da lodare altamente, e sortiva altra fine. Ma egli prese alla lettera la cattedra di San Pie· tro e voleva dar lezione di lassù: credé Roma simile a Ginevra; e i l~uri alla laurea. Si vantò a viso aperto che vincerebbe ; f-!crisse di voler combattere virilmente 1 ); minacciò, dicono, di sciorre la Camera· i quali rumori se falsi, conveniva smentire con calde pa- , ' ' . . role e atti franchi non già sfidare il pericolo con coragg10 impor- tuno, giacché non 'ai lui si trattava tanto quanto di Pio nono e di Roma, e del destino d'una nazione infelicissima calunniata. Chi legge nel secondo volume delle lettere del Oapodistril:L le fredde pa– role scritte al Mauromicali, e chi ripensa le parole e i silenzi e le inerzie e il sorriso del Rossi, trova non la scusa, ma la cagione delle due deplorabili atrocità 2 ). Accusavano già da più tempo il Rossi come collegato a Luigi Fi– lippo insieme ed a' Gesuiti, le case de' quali era venuto in Roma per farle chiudere in Francia, o almeno socchiudere : atto d'illib('rale ti– midità, e di inevitabile impotenza, dacché nessuna società che vo– glia vivere in governo né libero né tirannico si può disfare, Re non distruggendone i membri a uno a uno, quando però codesto non li ravvivi e moltiplichi ; e l'avere pàura in Francia de'_Gesuiti era un confessare la società civile più inferma di questa società rèligiosa, a cui la sua stessa apparente potenza è infermità. Confondevano insieme il Metternich e il Guizot, per chiamare il Rossi amico dell'uno e scolare dell'altro; e il dì quindici di Novembre il Con– temporaneo, giornale dello Sterbini, lo chiamava appunto scolare ·del Metternich, e prima anc6ra ·esso Sterbini gridava al tradì - mento, e prertunziava a Roma le bombe di Praga e di Messina, bombe portate non dal Rossi, ma da' suoi uccisori ; e nel Luglio ·a) · scriveva eh' e' finirà lapidato. ~- Io che d'opinioni e di sentimenti discordavo dal Rossi, e· non risparmiai duri cenni a lui vivente e in potenza di fama, ero in diritto di più altament~ compiangere la sua morte, e l'omicidio de- , testare. Ohe se il nome del Rossi fu un di que' tanti che nelle teru - peste de' popoli rompono in tristo naufragio, non era però ch'egli non rimanesse notissimo a tutta Europa, onorato da uomini dotti e probi, forse oltre al merito, ma sinceramente onorato: onde il tin– gere le mani in quel sangue; era un volere scrivere con esso in tutti i giornali d'Europa il disonore di Roma. Le nazioni così come . . , 1 ) Proprio la vigilia .della morte, nella Gazzetta ài Roma del 14 novembre. 2 ) Un lungo parallelo tra il Capodistria e il Rossi, tra le conformità estrinseche e le intrinseche differenze delle loro vite, che ebbero l'identica fine tragica, fa il Tommaseo in un altro suo scritto: vedi n secondo esilio (Milano,, ,Sanvito, 1862), n, 415-419. 3 ) Questa è forse una distrazione del Tommaseo, o più probabilmente un errore tlel copista : nel luglio il Rossi non era anc6ra ministro. · Biblioteca Gino Bianéo
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