Pègaso - anno III - n. 10 - ottobre 1931
390 G. Deledda - Si accomodi di là, - disse, indicando la porta con le bor- chie, - adesso vengo ad aprire. . ,Sparì nell'interno della casetta, riapparve sùbito dopo sul por– toncino ; e fece entrare l'uomo in una specie di salotto sulla cui parete di fondo una grande aquila imbalsa,mata, severa. e triste, da.va l'idea di un eroe crocifisso. La signora Gilsi era di nuovo sparit a; ma un momento dopo apJJarve una ragazza alta e forte, coi capelli scuri corti, e gli occhi cosi luminosi che da prima non se ne distingueva il colore: ed era anche elegante, col suo vestito nero che le sveltiva, le forme piuttosto piene. La sua presenza riconfortò l'ingegnere. - Ecco con chi bisogna trattare, - egli pensò, mentre la ragazza gli diceva con fredda cordialità: - Si accomodi, si accomodi : io sono la signorina Gilsi. Egli sedette sul vecchio sofà vigilato dall'aquila,. e parlò su- bito dell'affare. · - Piacere. Lei, signorina, ha già indovinato lo scopo della mia visita. Si vorrebbe, io e qualche mio socio, acquistare le cave (ap– posta egli non disse la miniera) appartenute a suo padre. Sono qui per trattare. Ella si era seduta, composta e quasi rigida, su una delle due scranne che fiancheggiavano il sofà : e fissava il viso dell'inge– gnere, ma senza vederlo; ascoltanrlo solo le parole di lui. Domandò, grave e attenta come un uomo : - Lei conosce già la miniera ? - Sì, vengo appunto di là. Ma il guardiano non ha voluto darmi spiegazioni. , Allora ella,. involontariamente, rise : tutta la chiostra dei suoi denti forti scintillò, ma c'era una vibrazione di cattiveria in quella risata che sorprese l'ingegnere : la Gilsi stessa dovette capirlo, per– ché subito s'irrigidì, arnd si fece triste. Piegò la testa, parve ri-. cordarsi di qualche cosa: e in quell'atteggiamento ebbe una strana rassomiglianza con l'aquila inchiodata alla parete. Poi si scosse, e con la sua voce pacata, che pronunziava le parole quasi misurahdole, disse: - Adesso le dirò una cosa che la sorprenderà. Abbia pazienza, però, e non ci giudic4i male. Io e la mia mamma siamo compro– prietarie della miniera, e disposte a disfarcene, per un prezzo onesto, s'intende: ma nulla possiamo fare senza il consentimento del nonno paterno. Il primo e vero padrone è lui; e con ~ui bi– sogna trattare e cercare di convincerlo. Non è solo lei che tenta l'acquisto; abbiamo altre proposte! vantaggiose anche. Egli però è restio. Non perché voglia fare una speculazione, ma per ragioni che io non so riferirle, e che egli solo potrà spiegarle bene. _:_,E dove si può parlare con questo signore ? BibliotecaGino Bianco
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