Pègaso - anno III - n. 10 - ottobre 1931

502 G. Oul\HSS0, Questa è Parigi ai nostri occhi. Sul verde splendente dell'erba, il gruppo di cavalli proietta sollevate da terra le zampe lucide di riflessi e i jodkeys curvi con le camicie di seta vibranti come bandiere nei gorghi dell'aria». Non fu trovato anc6ra un modo più elegante per far comparire, e sparire un· quadro illustre. ~ Quanto alla letteratura, è difficile imma-ginare un libro su Parigi dove si nominino meno scrittori : appena Balzac, Baudelaire ... , e Valéry, se Dio vuole, soltanto a proposito della sarta Lanvin. La letteratura di Co– . misso non è molta, ma è quanto ba.sta a lui. E che cosa ne è stato.di quel suo iniziale dannunzianesimo, avvertibile e avvertito soprattutto nel libro di Fiume? In questo libro D'Annunzio è nominato una sola volta e non mi pare a favore. Dinanzi alla vetrina di un gioielliere, in rue de la Paix, Comisso commenta: « non come nei romanzi di D'Annunzio collane di berilli e di ametiste da cento franchi i.I chilo, ma ~eri diamanti che e.i g~ardano e non ci vedono, come gli occhi dei gatti nella piena luce del giorno)). « Non come nei romanzi di D'Annunzio .... )). Taglio forse crudele, ma chiaro: Comisso è tutto di qua,· con la gente nuova,. Ne ha quasi tutte le qualità e molti difetti. Leggendolo si pensa a volte che cosa potrebbe dare questo dotatissimo scrittore se rinunciasse al suo protratto adole– scente dilettantismo, se trovasse alla sua vita una ragione più seria, alla sua pagina uno s-chema più solido .... Ma è buona regola considerare gli scrittori per quel che sono. Non resta allora che ringraziare Comisso e il suo intonatissimo pittore De Pisis per aver-ci dato insieme questo qua– derno che pe,r il vivido spirito e per certa sua- stessa provvjsorietà non potrebbe essere più parigino. PIETROp ANCRAZI. GIOVANNI T TTARosA~ Il varco nel muro. - Carabba, Lanciano, 1931.L. 9. La strada che G. Tit,ta Rosa ha ,compiuto verso l'arte non è stata facile né semplice, come generalmente succede a chi viene dalla critica o a chi insieme con l'arte dll/ parecchio tempo esercita la critica. Direi che ad apertura di pagina di questo. suo nuovo libro, - benché la scrit– tura di Titta Rosa s-ia sempre ìinda, chiara e lonta,nissima da ogni bra– vura di « stile difficile ll,_.......:.. si possono scqrgere i segni di quell,ll,difficoltà e complessità a cui accennavo. Ecco, nella prima pagina: « il mare non si vede, ma il suo fiato giunge mescolato all'odor della terra e dell'erbe, .e talvolta lo- vince sebbene la terra riesca poi' subito a disperderlo con la varietà dei sd~i odori ' sorgenti da ogni parte. Parrebbe che essi stiano fermi a uno svolto, · raccolti sotto un'ombra più fitta, addensati a un varco dei campi, e a,ttendano il passeggero l>. C'è già in queste par9le più di un segno del– l'arte di Titta Rosa: l'amore alla campagna, il senso dell'idillio, e in· quegli odori « raccolti sotto un'ombra più fitta, addensati a un varc.o dei campi» come se attendessero un passeggero, che in questo caso è il fiato · del mare, c'è già quella capa-cità di trasfigurare le cose della natura in fantasia, che neg·li Idilli Rustici diede le pagine del MaUncontro; ma è BibliotecaGino Bianco

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