Pègaso - anno III - n. 10 - ottobre 1931

\ R. BALSAMO CRIVELLI, Ca1n1nin lungo 499 ren,te narrazione, ripresi a volo nella memoria incantata acquistano senso e valore lirico. ... · ' Uscì col broncio e venne a una piazzetta deserta che nel mezzo avea un pispino di fontanella che iiempr'acqua getta e del suo tremolio empie il dechino : gli tornò a mente quella giovanetta che gli avea messo in capo il secchiolino, la Marinella, le compagne sue, la fona che le bacia tutt'e due. Ma Balsamo Crivelli fu distolto, dietro questa, ambizione del risusci– tare forme antiche, dallo scoprire se stesso e trovare una voce sua. E fu proposto, cosa stranissima, in tempi ùi crudele intelligenza critica, che pure hanno aiutato a nascere la nuova poesia, come esempio di disciplinn., lui il più disarmato e il più candidamente sprovvisto : quasi bastasse, a restar nella tradizione, ripetere e non creare. Ungaretti, per fare un Eisempio, è,. sì, nel vivo della tradizione, non Balsamo Crivelli. Che se poi si volessero attestare anche solo i buoni studi, e scriYere ottm·e fol--se considerato una prova forte, Marinetti ne saprebbe comporre più di vena e più piccanti e con più salde rime. Non però che Balsamo Cri velli non avesse qualcosa di suo da dire. Gli mancò la forza di saper dire quello solo; preparargli un'aria intorno che lo sapesse far vivere. E gli mancò, a 11.gor di termine, stile. Di scrittor di «capitoli>>, come poteva essere, se avesse avuto più presa sulla realtà, e interessi, e reazioni, e concretezza, oltre la ricchezza ùel moraleggiatore, è rimasto, con la sua poca fame, un idillico modesto. Il gusto col quale in un'immaginetta ferma un sentimento, un'ombra di malinconia, lo disimpegnano dal soffrirne. La realtà, vista solo nel ri– cordo, ha lo stesso freddo sapore di quel che è vivo oggi, e che da lui non pare avvertito direttamente, ma per suggerimenti che gli derivano da espressioni già raggiunte. Nelle Poesie va;r-ie, non fa, si può dire, che trarre ispira,zione da una materia d'acquisto, al modo stesso che rie– cheggia le parole da altri e dall'esterno, non da sé. Una mostra di libri gli dà, a gara, un gusto d'incidere figure che sulla pagina si fer– mano un momento e parlano; il bassorilievo d'un cavallo gli conferisce, per subita irradiazione, una fantasia, con certezza di piglio, finitezza rara, unà punta, anche, di« mora.Iità ». E una volta finge perfino d'essere un rozzo scultore che, con bella maniera, bravamente, ecco ha raffigurato l'immagine d'una madonna: e così viva che tutti corrono a adorarla. Qui la sua facoltà inventiva trova appoggio, si fa concreta; e lo sforzo cli trasferire d'una in altra forma lo eccita col suo pericolo, e gli dà un certo caldo, una sorta di ispirazione. Metti, nella Fiaba dli, Calugvno, la scena del mercato. Stilizzata <:osì, lieve respirante, pare ricalcata su una bella scultura. Senti, per entro le strofe, l'incantato silenzio d'uno che s'è fermato a guardare e commenta quello che è già lì espresso, i.I moto, la vita, i rumori.. .. Poi scaru.ffa il mercato il vento montanino e quel ch'è sciorinato bllotecaGino Bianco

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