Pègaso - anno III - n. 10 - ottobre 1931
498 R. BALSAMO CRIVELLI, Cammin liingo linconia. Malinconia. Ecco. una parola che m'è tornata di pagina in pagina, quasi con lo stesso accento e, se non proprio con l'efficacia crea– tiva d'un motivo dominante, - che sarebbe un cres•èerle valore, - e.on la insistenza d'un accordo che ;;a,denzasse una musica alla fine insussi– stente. Rimaneva, leggendo, quella parola, sola e que,l senso, vago, ge– nerico, come un modo di riconoscimento davanti forse più a sé che agli altri · e tornava e si ripeteva perché. almeno non se ne perdesse il ricorùo, poiché non era dato di farne avvertire la potenza. «Dolore>> e « mali11- conia >> risuonano una volta in un verso; e poi, sùbito, una modulazione in minore, « io co' miei dolori>>; e, un intenerimento, « traboccavo di mn,– linconia >>« e vengo men dalla malinconia>> ; e un impiccolimento, « il tuo fardellino E di malinconia e di tristezze >>.Per dare un senso a quel debole sentimento, « aspettar l'ora>>; poiché non ride più la speranza, o ride d'un riso non vero. Malinconia, ombra, morte .... Par che abbiano tanto peso, e non l'hanno. Tornano, nella, pagina per civetteria; e quasi più come un ricordo letterario. Perché di influenze libresche è pieno il libro: senti i poeti burleschi del trecento, e la loro stanca spa,valde– ria, e que1 combattere che fanno con un nemico senz'arme. L'amore della morte in Balsamo Crivelli è un amore idillico, d'uno fuori della vita, a cui ride una pace esangue, e che, piuttosto che cac– ciarsi nel fitto deHe passioni, ama cercare i segni e i ricordi delle cose morte. Queste idoleggia, e le riscalda d'una sua pallida vita. P!)r più tirarsi fuori del mondo, gli sarebbe piaciuto d'essere una .specie. di frate gaudente; e aveva, con l'inclinazione, trovate> un nome, ·bello, frate Agio, che tutti lo chiamassero così e lo l'iconoscessero. Con tanto poco gusto .all'azione, avrebbe, dice lui, scritto vite di santi, pennelleggiato · le pareti del chiostro. Cosa, difficile veramente a far,e per puro ozio. E infatti non ne è stato nulla, né esser frate, né scrivere e dipingere. Quella immaginata sua devozione gli è rimasta solo tutta volta a,lle lettere, e scompagnata, si dir,ebbe, da qualsiasi forza creativa,. Da– gli antichi e dagli studi egli non ha appreso che una lezione di pru- · denza: contentarsi, non aver fretta, e un pia,cere di scolaro· nulla di . ' ' eroico insomma. Le letture stes~, facili non dico all'intelligenza ma a1- l' orecchio, lungi dall'indirizzare le sue facoltà inventive, argina•rle, ·1e facevano tutte svagatamente volgere verso un modo improprio di. na,r– ratore .. Con queUa mania poi di adorar le forme e k pa,role, per sé, e con la destrezza a saperle imitare., finiva col crearsi una realtà fittizia: l'ottava,, ed ecco il poema., l'ottava, ed ecco la fiaba, l'ottava, ed ecco la rappresentazione sacra, l'ottava, ed !)eco la commedia. E nacquero Boa– oac<Yino,Calugino, il Poerna di Gesù, lo Sarigno; nacquero, perché po– tesse impiegare quella sua. terrificante facilità a scrivere ortave. Pure una poesia qui dentro c'è, tutte le volte che riesca a Balsamo · Criy,elli d'indurre in queste strofe ad altro, nate un personale accento. In tutto Boo.cacoino, ad esempio, che discioglie in una narrazione gene– rica i fatti e, se non offendesse, i luoghi comuni della novellistica it~liana · antica, basta che a un tratto non narri più, ma solo ricordi e la pagina si ravviva. E si può dire che il poema sia tutto diviso tr~ quel. molto che è narrato ,e quel. pochissimo, che torna, direi batte, al cuore del poeta. A volta•~gli stessi fatti che eran passati zitti nella troppo scor- BibliotecaGino Biànco
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