Pègaso - anno III - n. 10 - ottobre 1931

Visita dei colleghi giapponesi. 487 gliarmi: in una rivista inglese di filologia mi capitò sott'occhio, anni sono, firma,ta da un pand·it, una ricerca sulla, consecut·io tempMwm di Cesare, che pure sembrerebbe a un Indù dovesse stare meno a cuore che la filosofia aristotelica a un Giapponese. Ma il Giapponese ha ac– canto a sé neJla sua università un ordinario che insegna la filosofia cinese e giapponese, « ch'è tutt'altra cosa». Mi viene un sospetto: sarà la logica, non dico la logica teoretica, ma, il procedimento logico, induttivo e deduttivo, lo stesso in noi occidentali e in questi gialli ? oppure « tutt'altra cosa» ? Sono, in altre parole, il nostro intclletto e il loro, commensurabili ? Taccio per prudenza o meglio per un certo timore, che non oso a prima giunta confessa,re neppure a me stesso, di non riu– scire a spiegare il mio dubbio a questi interlocutori. I colleghi mi chiedono di poter venire da, me a lezione: « Lei pal'– lerà, m'immagino, tedesco». Io cado dalle nuvole e chiedo spiegazioni: dalle risposte, imbarazzate, mi par d'intendere che essi ritengano che in Europa la lingua almeno della cultura sia il tedesco, dovunque essa non è né l'inglese né il francese. E il dubbio diventa sempre più angoscioso: con questa conoscenza di Europa cornei potrà esser sincera, fondata su comprensione; l'ammirazione per il Rinascimento, che essi non dicono neppure ita.liano ma fiorentino ? Ohi non sa dell'uma-nesimo né della no– stra cultura me dieval e, come potrà comprendere il Quattrocento o il Cin– quecento? Non sa.rà quest'ammirazione moda estetica, cioè nel migliore dei casi illusion e, nel peggiore menzogna consapevole1? Insisto,: « Ma voi non vedete differenza alcuna tra i miei connazionali e i Tedeschi di Heidelberg·? ». La risposta è questa volta indubbiamente sincera: « Nes– suna: Tedeschi e Italiani sono uguali, hanno gli uni e gli altri aspetto ario >>. Trattengo la piena dei miei sentimenti, perché voglio approfon– dire. Arii sono per loro tutti i popoli europei e non solo gli europei. Gl'Indi sono Arii, nonostante le mescolanze dra.vidiche, come gl'Inglesi o i Russi: aspetto ario hanno persino gli Ainu, i resti della popolazione , primitiva del Giappone, ricaccia,t.i ora in Hoccaido e Sachalin. Ario significa per loro bianco, e tutti gli Arii e tutti i bianchi sono uguali di aspetto e di costumi, e le loro lingue ne formano quasi una sola. Io rifletto che non ho diritto di scandalizzarmi, perché per almeno il no– vantanove per cento dei miei connazionali Cinesi, Giapponesi, Coreani, Siamesi sono tutt'uno, perché a me stesso i Giapponesi paiono di primo acchito tutti uguali, e così i Negri, gl'Indiani d'America, gl'Indù, gli Arabi. 1\fa alla sincerità dell'intèresse dei miei interlocutori per Ari– stotele! credo, con tutta la miglior volontà, sempre meno. Ormai so abbastanza dell'intelligenza di questi Orientali per l'Europa, per la storia europea, e svio il discorso. Faccio anc6ra domande sul Giap– pone: chiedo, per curiosità sincera, quando in esso sia stato introdotto il buddismo. Un momento di silenzio: poi l'uno dice: « Da mille anni», l'altro correo-o·e: « Sa,ranno piuttosto duemila». Poi, mentre la mia faccia s'impronta di costernazione confabulano nella loro lingua tra loro. Di , f . li a poco mi comunicano la conclusione finale: hanno atto un tacc10, e si sono accordati su millecinquecento. Il giorno dopo riscontro un'enci– clopedia, e vedg che essi hanno quasi ragione: la, data è il 552 dell'èra cristiana, ma io temo anc6ra che abbiano ragione per caso. E da quel SibliotecaGino Bianco

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