Pègaso - anno III - n. 10 - ottobre 1931
486 G. Pasquali indistinguibili; ora, guaa:-dandoli da vicino e con luce migliore, scorgo Je differenze. L'universitario è, più basso, più minuto, più bianco, ha li– neam.enti fini, la,bbra sottili; il liceale è alto quanto un europeo basso, è traverso, ha la faccia come gonfia: un tipo cinesoide. M'informo di dove sono: l'universitario è delle pianure del sud, nelle quali, intorno a Tokio, è concentrata grande parte della popolazione; il liceale della parte più settentriona,le della stessa grande isola di Hondo, di un paese povero e poco popolato. Se la diversità dell'aspetto. dipenda dalla di– versità provinciale, non saprei dire : probabilmente anche i Giapponesi, come i Negri, come le Pelli Rosse, paiono uguali solo finché si ve.dono insieme. Ma rimane un senso, si direbbe, d'incomprensione frsica: questi sono veiechi o giovani ? Piuttosto giovani; ma venti o trentacinque? E mi ricordo di uno studioso tedesco, che dovetti aiutare perché non riu– sciva da solo a s<tabilire l'età di un Romano dell'Impero, ritratto in un busto; e penso a Inglesi e Svedesi che a noi fanno l'effetto cli giovìnetti, quando hanno già ·sessant'anni, quasi fosset1'0 conservati sotto ghiaccio. S'intavola una conversazione vivaoe: e,ssi si esprimono ,senza diffi– coltà, e l'uno, il li.ceale, quasi correttamente in tedesco. Riescono a, for– mare anche i singoli suoni meglio che non vi riuscisse la maggior parte dei miei studenti, dell'Italia centro-meridionale, quando, in tempi di ma– gra, facevo, per andare avanti, anche il maestro di tedesco .. Non è nep– pure vero che dicano erre peir elle, quantunque il loro erre non sia né il nostro italiano, né quello tedesco, che per lo più è velare, ma ·un suono che si avvicina un poco all'elle. Ma la musica cli que,sto linguaggio è tenue e come esitante: manca l'accento deciso, brutale che caratterizza il tedesco. Gli Italiani lo ha nno anch e più secco, perché non temperato e contrappesato da accenti seconda.ri, ma, in tedesco, lo Ip.ettono fuori posto, su tutte le sillabe tranne s ulla prima, alla, quale nelle lingue ger– maniche spetta di diritto. Questi Giapponesi, si direbbe, non accentano; o forse hanno un accento prevalentemente musicale: pronunziano certe sillabe più alte, ma appena più intense. Parlano del loro paese senza reticenze, senza falsi pudo·ri. Le fonda– menta dell'antica educazione, il rispetto per i più vecchi, la dedizione allo Stato sono cadute o scosse; c'è povertà e, c'è comunismo; i bisogni sono aumentati. Ma certo la corte,sia è ancora maggiore che in Europa, e nesoono si lascia mai andare neppure nella propria famiglia a s catti di ira. Parlano delle loro scuole: hanno creato un ginnasio classico, e.on il cinese mandarino al posto che in Occidente ha il latino, e con l'inglese come lingua moderna; nelle classi superiori c'è la scelta-tra francese e tedesco. Io penso che Pietro il Grande, creando su modello tedesco una scuola russa, vol1e ch'essa gravitasse intorno al latino, sebbene la vec– chia Russia avesse una cultura punto latina, ma tutta greca., bizantina, sebbene i metropoliti di Kiew fossero per secoli monaci greci, sebbene bi– zantine fossero l' architettura e la pittura, sebbene canti popolari del c.iclo di Digenis Acritas siano giunti fin nella Russia meridionale; e. mi congratulo in cuor mio con i Giapponesi della loro libertà .di spirito che li ha preservati dal far violenza ana propria, natura per scimmiottare· la cultura ,europea. . L'universitario è specialista per Aristotele. Non ho ragione di meravi- B.ibliotecaGino Bianco
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