Pègaso - anno III - n. 10 - ottobre 1931
482 U. Ojetti ge,re cioè una sua unità? Può avere una sua voce, o deve accontentarsj così d'essere, con ga.rbo e grazia, eco di echi ? Grandi echi, tal– volta. Non so se a Roma o a Venezia, in una scuola anche d'arte deco– rativa, un allievo trova sulla scrivania del professore alcune fotografie di affreschi pompeiani, e pronto chiede: - Pitture• di Funi ? - An– che questa, non si può negare, è cultura: da giù in su, inv.ece che da su in giù. Ma oggi in quanti s'ha il coraggio di dire dove stia il su e dove stia il giù ? Poi, tutto nell'arte decorativa ormai sembra diventato caricatura, ora infantile e involontaria, ora voluta e di seconda e terza mano. Per de.formare un nudo o un animale, un fiore o una nuvola, e adattarli al– l'arabesco d'una decora.zione sulla porcellana o sul velo o sul vetro, ad Alberto Martini o a Gio Ponti o a Tomaso Buzzi occorre ingegno; ma per ripetere quella cifra all'infinito, occorre solo un poco di corrente ma– nualità femminile. Ebbene oggi questa s'insegna. Il vero, il pov,ero greg– gio e sodo vero, dove si studia più ? Qui non trovo che, una bella testa di ragazzo, modellata, sembra, in terra; e un bassorilievo con un dgnale: dalla scuola, immagino, di Marino Marini. Ma anche nella scuola d'un pittor,e della delicatezza di Pio iSemeghini, col nome, addirittura, di Stadi dal vero, non vedo che rapidi ·appunti di composizione, di :r;i.udi, con quel tanto di geometrica deformazione che un primo schema di com– posizione, sia pure schizzato da Raffaello, comporta. Inf!ne: d'italiano, zero. Voglio dire che le opere qui riprodotte, sono spesso piacevoli e saporite, ma potrebbero essere d'una scuola di ,Stoc– colma o di Mosca, di Vienna o di Stoccarda, invece che· di Monza,. Niente, di male. Chi ba<la più a queste .sottigliezze? È probabile che altre scuole italiane, se potessero fare pubbliche mostre o pubblicare libri siffatti, ci condurrebbero, allo stesso giudiz:io. È la malattia d'oggi: prima di tutto, anche nella scuola, la morla; poi, se càpita, essere rico- noscibilmente italiani. . Siamo o non siamo al corr,ente1? Siamo_ o non .sia,mo europei ? Degas apostata? . '20 settembre. 1:'ino a sta mattina -credevo che il pittore Degas, o De Gas come contmuavano a firmar.si i parenti suoi che non avevano, fuor di quella particella, altra nobiltà, fosse francese, anzi nato a Pa– rigi, il 19 giugno 1834. Nella vita di lui scritta da Paul Lafond è indicata anche la stra,da. Il padre di Degas era nato a Napoli, perché la famiglia di lui era là pel commercio bancario, ma di .schietto, ceppo francese· e hl, madre, di famiglia creola, originaria della Nuova Orleans dove in– fatti Edgar Degas fece in gioventù anche un viaggio. Adesso invece in un articolo di Concetto Pettinato sulla Stam,pa, sulla Nazione, e sul Ma ttvno, le_ggoche Degas è stato verso l'Italia addi– rittura « un a, posta.ta >>perché era napoletano e non francese. Anz.i il pittore aveva ,smesso di firmarsi De Gas in due parole, e scriveva addirit- .. tura Degas per « meglio infranciosare il proprio nome)). De Gas, co– gnome napolP,tano ? Peggio anc6ra: questo italiano rinnegato non avrebbe avuto che « languidi rapporti cogU artisti italiani>> residenti a Parigi. BibliotecaGino Bianco
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