Pègaso - anno III - n. 9 - settembre 1931
Vii lei Beatrice 331 nulla perché fosse piacere quel che era strazio, così non poteva far sì che fosse indicibile gaudio quel che invece era una rivolta de1le fibre più intime. Così forte che involgeva anche il nuovo essere. (~nesto nuovo essere ch'ella sentiva come il prodotto vivo della na– tura che le era nemica, codesto, portava nel grembo: non, come le altre, la propria creatura. La propria creatura! ... Era nata sterile, lei; ma come se ciò non bastasse, era stata fatta violenza anche alla · SlJ-a sterilità, e ella aveva concepito il frutto di codesta violenza : ecco la sua impressione: era il frutto di codesta violenza che le balzava dentro. E lei faceva di tutto per allontanarne la mente. Era però come dirlo! La lettura le era stata sempre grave: non le era riuscito mai d'interessarsi alle vicende, ai casi dei personaggi a meno che non fossero delle creature dolorose ; ma allora era come chi per divagare il pensi~ro della propria immagine si guardi a uno specchio. C'era quel libriccino, amaro d'un'amarezza mortale: il libro devoto, ma le facev3J l'effetto di trascinarla ancora più giù, nel fondo più cupo della sua stessa desolazione; e ella aveva paura a toccarne il fondo. Portava dentro di sé una nuova vita: e quelle parole, nella condizione di spirito in cui si trovava, spiravano in lei un alito freddo di morte: non altro. I versetti intrisi di tutto il pianto del mondo a lei non dicevano altro che l'infinito dolore, l'ir– reparabile male che è nella vita; non additavano, di là dalla vittoria sulla caducità e sull'effimero - queste, si, lusinghiere parvenze e so– stanza soltanto di dolore e di morte - la luce immanente, la felicità imperturbabile della vera vita. Per lei, invece, solida, reale era quella morte presentata nel libriccino a ogni rigo come la sola libe– razione: e sentiva insinuarsi nel cervello qualcosa che la sconvol– geva e che ella aveva paura a riconoscere come s'à paura a toglier ·1a maschera a uno che con la maschera al viso ci si pari a un tratto davanti e si sa che è la persona che vuole la nostra vita. Perciò lasciava il libro aperto sopra il tavolino e si faceva ai ve– tri desiderosa di cielo, di sole: e fuori era una pioggia continua, monotona. Sui fili metallici davanti alla finestra, i fili della corrente elettrica, correvano le gocce inseguendosi; quella inseguita, a un certo punto, veniva raggiunta dall'inseguitrice : e il filo non soste– neva più il gocciolone che cadeva a terra; però qualche molecola era rimast~ adesa e ripigliava, ingrossando, la corsa fin che a sua volta veniva raggiunta da un'altra: così, lungo tutti i fili, con un ripe– tersi uguale e perenne che dava l'idea d'una vicenda eterna. Lo stil– licidio sul terreno zuppo. Ossessionante insistenza. E ora ecco .boccate d'acquaccia amara come fiele. Ella soppor– tava il travaglio, sola, senza chiamar nessuno. Talvolta le restava addosso un'inquietez7,a ch'ella cercava di calmare andando nella cappella. Ma sull'altare c'era un'immagine di Maria col bambino. BibliotecaGino Bianco
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