Pègaso - anno III - n. 9 - settembre 1931

288 G. De Sanctis Il culto di Roma, insieme con la mancanza di problemi intorno alla storia che narrano, fa, sì che agli storici latini sfugga il fonda– .mentale problema delle stesse origini. Tucidide rn~lJa famosa intro– duzione alla sua storia la cosiddetta «archeologia>> rappresenta ' '· ' nel modo più mirabile l'emergere del popolo grrco dalla barbarie primordiale, il costituirsi a poco a poco di quelle forze, il cui cozzo formidabile egli narrerà nella storia della guerra rlel Peloponneso. Ma Livio non ha e non può avere, poste le sue stesse p::'€messe, alcuna comprensione per la primitiva anima barbarica del popolo romano, e il problema del lento e mirabile svilupparsi, da quella barbarie, delle sue istituzioni e delle sue caratteristiche gli sfugfe. Già la romanità dei tempi delle guerre puniche è in pieno, e sia pure « in · nuce », nel suo racconto del duello tra gli Orazii e i Curiazii. Gi.à l'amore per la libertà repubblicana e lo sdegno per ogni potere ti– rannico si manifesta appieno in lui negli anni primh,simi della re– pubblica, per bocca di 'Mucio -Scevola, così come l'avrebbero espresso qualche decennio prima che egli cominciasse a scrivere la sua storia, Catone o Marco Bruto. In sostanza la posteriore grandezrn romana si proietta sui primordii della città e li illumina, appunto perché Livio non .. sa e non vuole astrarre dalla Roma di cui è cittadino. E con ciò si ritorna a quella che, come già vedemmo, è caratteristica fondamentale non di Livio soltanto, ma di tutta fa stori()gra.fi.a ro– mana. Essa è legata indissolubilmente a Roma e 1:1,lla vita dello stato romano e la rii;.pecchia, narrando le vfoen<le pass:1te~ quale essa è nel momento in cui l'annalista scrive la sua storia. S'inizia la storiografia romana, prescindendo dalle antiche regi– strazioni pontificie, sotto l'impressione della seconda guerra pu– nica, cioè sotto l'impressione della più terrihile e ~loriosa guerra che i Romani abbiano vinta. Ed è anche qui caratteristica e a, pieno rispondente alle premesse che sopra abbiamo t.ra ('ciate. i.Hi strin– gente. analogia e la differenza nettissima che corr e tra la _storio– grafia romana e la greca. Anche in Grecia, il primo che tr~:sporta il racconto dalle leggende antichissime ai fatti recenti d'interesse nazionale, Erodoto. che perciò a buon diritto è stato chiamato il padre della storia, io fa sotto l'impressione della pi11gloriosa guerra vinta dai Greci, la guerra persiana. Ma, per Erodoto, sebbene greco. questa guerra è materia di curiosità e d'interesse éome cosa irrande e meravigliosa. Egli professa di scrivere « perché Ìe imprese v,:randi e meravigliose compiute da Greci e da Barbari non rimangano col tempo obliterate>). Ma, in fondo, a questa materia storica egli è relativamente estraneo; l'insurrezione ionica, che dette principio al memorando con:flitto, non è che una àexrJ uaxwv principio di mali : e mali secondo lui da allora ne sofferse la G;ecia, sia pure vincendo, quanti nelle generazioni anteriori messe insieme non aveva sofferto mai. E tutto ciò perché? Non già perché gli Joni, BibliotécaGino Bianco

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