Pègaso - anno III - n. 9 - settembre 1931

Livio e -la storia della storiografia romana 237 Altri e non men gravi problemi affaticano gli storiografi del se– colo IV : come e perché si è sfasciato l'impet·o spartano ? Quali le cause della grandezza della Macedonia? Quali le ragioni delle sue vittorie.? Qual' è il valore e il significato dell'egemonia di Filippo e d'Alessandro sulla Grecia ? E di nuovo problemi non meno gravi assillano lo storico greco della conquista romana, Polibio. Come e perché Cartagine e le grandi monarchie ellenistiche, in apparenza così ricche e floride e potenti, hanno piegato davanti a Roma? Quale è il vero sègreto della potenza dei Romani ? Questa problematica è aliena dagli storici latini, al segno che persino ricercare « quo consilio quaque ratione >> si agisse, era già, come mostra il noto frammento di Sempronio A<iellione, contro la consuetudine degli annalisti. Per essi, la grandezza romana, lo stabilirsi del predominio di Roma sul mondo, sono dati di fatto - così, potrebbe dirsi, ovvii ed elementari, sono quasi necessità, di na– tura che non hanno bisogno di spiegazioni, Avrebbe, se mai, biso– gno di spiegazio1\e la singola sconfitta, il singolo insuccesso dei Ro– mani nella loro marcia trionfale. Ma questo poi si spiega facilmente caso per caso. È, secondo la tradizione più antica, la trascuranza degli auspicii o il non aver badato ai presagi, >è, quando stiamo in terreno storico più saldo, la improntitudine d'un console, la discor– dia tra due _ufficiali superiori, la contingenza particolarmente sfa– vorevole, l'astuzia d'un nemico, il tradimento di qualche suddito mal fido. Sono insomma particolari inconvenienti inevitabili. Ma basta che si eliminino perché sia assicurata a Roma la vittoria finale. Veri problemi storici è rarissimo che gli storici romani se li pon– gano; e quando se li pongono, ·1a posizione_ stessa ne pecca d'anti– storicità, come per esempio, quando Livio si pone il problema, ispi– ratogli del resto da uno scrittore greco, se Alessandro Magno avrebbe potuto conquistare l'Italia così come c·onquistò l'Oriente; e la soluzione non esce dal vago e dal retorico. Il che poi si vede anche in più larga misura quando i problemi sulle cause e gli effetti delle rivoluzioni, sulle origini e gli sbocchi delle guerre civili s'impon– gono quasi di per se stessi agli storici; dove egualmente (per quel poco almeno che di tale storiografia ci rimane) non troviamo di regola valutazioni delle forze effettive cozzanti tra loro, ma decla– mazioni sulle virtù o i vizii e la corruzione e simili. In fondo non pare che si esca da generalità, siffatte neppure quando si discorre della trasformazione deìla repubblica nella monarchia imperiale. Se mai il Romano si pone dei problemi, può dirsi che questi sieno problemi assai più psicologici che veramente storici e non sono posti e risoluti in termini logici, ma, risoluti via via qua.<liper intuizione. senza neanche di regola porli nettamente, descrivendo e rivivendo il vario atteggiarsi secondo il mutare delle contingenze di persona– lità come quelle di Catone o di Catilina, di l'iberio o di Claudio.

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