Pègaso - anno III - n. 9 - settembre 1931

• Livio e la storia della storiografia romana 281 può. dirsi per la guerra giugtlrtina di Sallustio. Ciò che importa allo storico è la politica di Roma e il suo vario atteggiarsi fra il contrasto degli interessi e delle fazioni, e i successi delle imprese militari di Metello e di Mario ; dei Libi e delle loro vicende e dei l_oro costumi non gli importa se non in quanto costituiscono lo sfondo all'opera di conquista. Eccezioni a-questa tendenza nella storiografia romana sono rare. La eccezione più vera e maggiore è quella delle Origini di Catone, che del resto hanno anche per altri rispetti un pos~o affatto isolato nella storiografia romana,. Più apparente invece che reale è la ec– cezione della Germania di Tacito, perché è chiaro che, scrivendo dei Germani, Tacito ha la mira, diretta in realtà a ciò che più gli sta a cuore, il presente e l'avvenire di Roma. Come gli altri, più forse degli altri, appunto pel profondo spirito di romanità che lo pervade, Tito Livio non vede che Roma. Invano si cercherebbe attraverso la sua storia di formarsi un'idea chiara dei Sanniti, degli Etruschi, dei Cartaginesi, dei Greci d'Italia o d'Oriente, dei loro ordinamenti, delle loro aspirazioni contrastanti a quelle di Roma, e delle stesse loro forze. Ciò è tanto più caratteristico in quanto il racconto che dà Livio delle guerre dei Romani in Oriente nei quindici libri dal XXXI al XLV è desunto da uno storico greco il quale profondamente s'in– teressava e di Cartagine e di Siracusa e della Siria e della Macedonia e della Lega Achea; ma Livio, pur traducendo, sposta il polo del– l'interesse storico e mette in luce ciò che veramente gli importa, Roma e la sua politica d'impero. Anche qui per bene intendere e bene valutare è necessario un confronto con la storiografia greca. Questa è fin dalle sue origini, privata e non ufficiale .. È infondata l'ipotesi sostenuta da alcuni moderni, per esempio dal Wilamowitz, d'antichissime registrazioni storiche statali greche, che avrebbero formato come il nucleo della posteriore storiografia. Non risulta che tali registrazioni vi fossero; · ma se anche vi furono, sulla grande storiografia greca non ebbero nessuna efficacia. I!Jssa sorti altre origini appunto percM la vita greca non si accentrò mai in una sola città e quindi gli storici do– vettero rivolgersi ad un pubblico che era in gran parte del tutto indifferente alla «polis)) cui essi appartenevano. Da ciò l'assoluta libertà di giudizio della storiografia greca a fronte della città sin– gola: e poiché in Grecia nell'età classica la cc polis)) si identificava con lo Stato, anche a fronte dello Stato : voglio dire, ben inteso, non dello Stato in astratto o della ragione di Stato (ché anzi la storio– grafia greca è essenzialmente «politica))), ma a fronte del singolo Stato. Lo storico è con l'anima fuori d'ogni Stato e dal di fuori lo ,aluta e lo giudica. Così necessariamente Ecateo e Erodoto, i primi grandi storici, i quali scrivevano di materia che non aveva se non scarsa attinenza con la patria rispettiva, 1 Mileto ed Alicarnasso. "bliotecaGino Bianco

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