Pègaso - anno III - n. 9 - settembre 1931
280 G. De Sanctis nalismo antistoricistico non è mai più riuscito a narrare così una leggenda antica. Vi so~o, certo tra gli storici greci, garbati nar– ratori di leggende, come Erodoto, che noi ben cono~ciam~, o Te?– pom po, di cui possiamo farci un'idea dai frammenti. ~fa 11pr~g1~ d.ei loro racconti leggendari è ben altro da quello dei raepont1 d1 Livi o. Per loro la leggenda non è cosa sacra, di profondo intrinseco valore, anche se è permesso in qualche modo dubita11e della su~ sto– ricità; è invece una curiosità attraente ed interessante, a cm per un momento si può dare raffigurandola.al vivo, una fantastica vita fittizia. Si sente in El'odo to la gioia del n arratore, e potrebbe dirsi del novellatore, ma è una gioia, esteriore e d'artista, non è la gioia di chi vive la tradizione e la sente come suo possesso, quasi come parte integrante della sua ricchezza spirituale ; e la ragione sta appunto in ciò che gli storici greci sono tutti in fondo discepoli d'Ecateo anche quando lo rinnegano, anche quando avvertono la debolezza della sua pretesa antistoricistica di sostituire alla tradi– zione quei racconti che a lui paiono :r:azionali, di sostituirli perciò solo che paiano razionali a lui. Tale non è certo la pretesa di Erodoto, majl razionalismo d'Eca– teo e la :filosofia ionica sono ormai elementi dominatori del suo spirito, se pur vuole rinnegarli. E quando ci dichiara, con espres– sioni assai diverse da quelle citate di Livio : « lo sono obbligato a ripetere ciò che è tra.mandato, ma non a credervi, e questa dichiara– zione valga per tutta l'opera mia», si vede ben chiaro che la tradi– zione per lui è cosa morta e che non può più vivere nella sua prosa se non d'una vita esr-enzialmente artistica. Anche più capita,le per intendere la differenza profonda che in– tercede tra la storiografia greca e la romana e la posizione di Livio nella storiografia romana, è l'altra caratteristica delle più antiche registrazioni storiche romane, gli annali, come si è detto, dei Pon– tefici. Esse furono registrazioni ufficiali legate intimamente alla vita della città e del popolo romano. Di qui le caratteristich~ e i pregi maggiori e nello stesso tempo le maggiori limitazioni della storiografia latina. Dalle sue origini fino al suo declinare essa non è e non vuole essere se non la storia del popolo dello stato romano. In fondo, gli Stati e i popoli con cui Roma è venuta a contatto non interessano per sé il Romano, lo interessano soltanto come ma'. teria su cui si esercita l'attività conquistatrice o incivilitrice di Roma. Lo interessano come, ad esempio, i Galli importano a Ce– sare; il quale delinea in brevi tratti magistralmente la etnografia della Gallia e mostra di conoscerne assai bene le condiùoni politico– sociali e i costumi. >Matutto ciò non gli importa se non perc,hé tale conosce ,n.za è necessaria a lui per conquistare, al lettore per ap– prezzare le d ifficoltà e il pregio della conquista. Ciò che veramente gli interessa è effettuare la conquista e narrarla. Qualcosa di simile BibliotecaGino Bianco
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